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Codice deontologico

Legislazione Forense

CODICE DEONTOLOGICO FORENSE

Approvato dal Consiglio Nazionale Forense il 17 aprile 1997
e aggiornato con le modifi che introdotte il 16 ottobre 1999, il 26 ottobre 2002,
il 27 gennaio 2006, il 14 dicembre 2006 e il 12 giugno 2008

PREAMBOLO

L’avvocato esercita la propria attività in piena libertà, autonomia ed indipendenza,
per tutelare i diritti e gli interessi della persona, assicurando la conoscenza delle
leggi e contribuendo in tal modo all’attuazione dell’ordinamento per i fi ni della
giustizia.
Nell’esercizio della sua funzione, l’avvocato vigila sulla conformità delle leggi ai
principi della Costituzione, nel rispetto della Convenzione per la salvaguardia
dei diritti umani e dell’Ordinamento comunitario; garantisce il diritto alla libertà
e sicurezza e l’inviolabilità della difesa; assicura la regolarità del giudizio e del
contraddittorio.
Le norme deontologiche sono essenziali per la realizzazione e la tutela di questi
valori.

TITOLO I - PRINCIPI GENERALI

ARTICOLO 1. AMBITO DI APPLICAZIONE.
Le norme deontologiche si applicano a tutti gli avvocati e praticanti nella loro
attività, nei loro reciproci rapporti e nei confronti dei terzi.
ARTICOLO 2. POTESTÀ DISCIPLINARE.
Spetta agli organi disciplinari la potestà di infl iggere le sanzioni adeguate e
proporzionate alla violazione delle norme deontologiche.
Le sanzioni devono essere adeguate alla gravità dei fatti e devono tener conto
della reiterazione dei comportamenti nonché delle specifi che circostanze,
soggettive e oggettive, che hanno concorso a determinare l’infrazione.
ARTICOLO 3. VOLONTARIETÀ DELL’AZIONE.
La responsabilità disciplinare discende dalla inosservanza dei doveri e dalla
volontarietà della condotta, anche se omissiva.
Oggetto di valutazione è il comportamento complessivo dell’incolpato.
Quando siano mossi vari addebiti nell’ambito di uno stesso procedimento la
sanzione deve essere unica.
Articolo 4. ATTIVITÀ ALL’ESTERO E ATTIVITÀ IN ITALIA DELLO STRANIERO.
Nell’esercizio di attività professionali all’estero, che siano consentite dalle
disposizioni in vigore, l’avvocato italiano è tenuto al rispetto delle norme
deontologiche del paese in cui viene svolta l’attività.
Del pari l’avvocato straniero, nell’esercizio dell’attività professionale in Italia,
quando questa sia consentita, è tenuto al rispetto delle norme deontologiche
italiane.
ARTICOLO 5. DOVERI DI PROBITÀ, DIGNITÀ E DECORO.
L’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza dei doveri di
probità, dignità e decoro.
I - Deve essere sottoposto a procedimento disciplinare l’avvocato cui sia
imputabile un comportamento non colposo che abbia violato la legge penale,
salva ogni autonoma valutazione sul fatto commesso.
II - L’avvocato è soggetto a procedimento disciplinare per fatti anche non
riguardanti l’attività forense quando si rifl ettano sulla sua reputazione
professionale o compromettano l’immagine della classe forense.
III - L’avvocato che sia indagato o imputato in un procedimento penale non
può assumere o mantenere la difesa di altra parte nello stesso procedimento.
ARTICOLO 6. DOVERI DI LEALTÀ E CORRETTEZZA.
L’avvocato deve svolgere la propria attività professionale con lealtà e
correttezza.
I - L’avvocato non deve proporre azioni o assumere iniziative in giudizio con
mala fede o colpa grave.
ARTICOLO 7. DOVERE DI FEDELTÀ.
È dovere dell’avvocato svolgere con fedeltà la propria attività professionale.
I - Costituisce infrazione disciplinare il comportamento dell’avvocato che
compia consapevolmente atti contrari all’interesse del proprio assistito.
II - L’avvocato deve esercitare la sua attività anche nel rispetto dei doveri che
la sua funzione gli impone verso la collettività per la salvaguardia dei diritti
dell’uomo nei confronti dello Stato e di ogni altro potere.
ARTICOLO 8. DOVERE DI DILIGENZA.
L’avvocato deve adempiere i propri doveri professionali con diligenza.
ARTICOLO 9. DOVERE DI SEGRETEZZA E RISERVATEZZA.
È dovere, oltre che diritto, primario e fondamentale dell’avvocato mantenere
il segreto sull’attività prestata e su tutte le informazioni che siano a lui
fornite dalla parte assistita o di cui sia venuto a conoscenza in dipendenza del
mandato.
I - L’avvocato è tenuto al dovere di segretezza e riservatezza anche nei confronti
degli ex-clienti, sia per l’attività giudiziale che per l’attività stragiudiziale.
II - La segretezza deve essere rispettata anche nei confronti di colui che si rivolga
all’avvocato per chiedere assistenza senza che il mandato sia accettato.
III - L’avvocato è tenuto a richiedere il rispetto del segreto professionale anche
ai propri collaboratori e dipendenti e a tutte le persone che cooperano nello
svolgimento dell’attività professionale.
IV - Costituiscono eccezione alla regola generale i casi in cui la divulgazione
di alcune informazioni relative alla parte assistita sia necessaria:
a) per lo svolgimento delle attività di difesa;
b) al fi ne di impedire la commissione da parte dello stesso assistito di un reato
di particolare gravità;
c) al fi ne di allegare circostanze di fatto in una controversia tra avvocato e
assistito;
d) in un procedimento concernente le modalità della difesa degli interessi
dell’assistito.
In ogni caso la divulgazione dovrà essere limitata a quanto strettamente
necessario per il fi ne tutelato.
ARTICOLO 10. DOVERE DI INDIPENDENZA.
Nell’esercizio dell’attività professionale l’avvocato ha il dovere di conservare
la propria indipendenza e difendere la propria libertà da pressioni o
condizionamenti esterni.
I - L’avvocato non deve tener conto di interessi riguardanti la propria sfera
personale.
ARTICOLO 11. DOVERE DI DIFESA.
L’avvocato deve prestare la propria attività difensiva anche quando ne sia
richiesto dagli organi giudiziari in base alle leggi vigenti.
I - L’avvocato che venga nominato difensore d’uffi cio deve, quando ciò sia
possibile, comunicare all’assistito che ha facoltà di scegliersi un difensore di
fi ducia, e deve informarlo, ove intenda richiedere un compenso, che anche il
difensore d’uffi cio deve essere retribuito a norma di legge.
II - Costituisce infrazione disciplinare il rifi uto ingiustifi cato di prestare
attività di gratuito patrocinio o la richiesta all’assistito di un compenso per la
prestazione di tale attività.
ARTICOLO 12. DOVERE DI COMPETENZA.
L’avvocato non deve accettare incarichi che sappia di non poter svolgere con
adeguata competenza.
I - L’avvocato deve comunicare all’assistito le circostanze impeditive alla
prestazione dell’attività richiesta, valutando, per il caso di controversie di
particolare impegno e complessità, l’opportunità della integrazione della
difesa con altro collega.
II - L’accettazione di un determinato incarico professionale fa presumere la
competenza a svolgere quell’incarico.
ARTICOLO 13. DOVERE DI AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE.
È dovere dell’avvocato curare costantemente la propria preparazione
professionale, conservando e accrescendo le conoscenze con particolare
riferimento ai settori nei quali svolga l’attività.
I - L’avvocato realizza la propria formazione permanente con lo studio
individuale e la partecipazione a iniziative culturali in campo giuridico e
forense.
II - È dovere deontologico dell’avvocato quello di rispettare i regolamenti
del Consiglio Nazionale Forense e del Consiglio dell’Ordine di appartenenza
concernenti gli obblighi e i programmi formativi.
ARTICOLO 14. DOVERE DI VERITÀ.
Le dichiarazioni in giudizio relative alla esistenza o inesistenza di fatti obiettivi,
che siano presupposto specifi co per un provvedimento del magistrato, e di cui
l’avvocato abbia diretta conoscenza, devono essere vere e comunque tali da
non indurre il giudice in errore.
I - L’avvocato non può introdurre intenzionalmente nel processo prove
false. In particolare, il difensore non può assumere a verbale né introdurre
dichiarazioni di persone informate sui fatti che sappia essere false.
II - L’avvocato è tenuto a menzionare i provvedimenti già ottenuti o il rigetto
dei provvedimenti richiesti, nella presentazione di istanze o richieste sul
presupposto della medesima situazione di fatto.
ARTICOLO 15. DOVERE DI ADEMPIMENTO PREVIDENZIALE E FISCALE.
L’avvocato deve provvedere regolarmente e tempestivamente agli adempimenti
dovuti agli organi forensi nonché agli adempimenti previdenziali e fi scali a
suo carico, secondo le norme vigenti.
ARTICOLO 16. DOVERE DI EVITARE INCOMPATIBILITÀ.
È dovere dell’avvocato evitare situazioni di incompatibilità ostative alla
permanenza nell’albo, e, comunque, nel dubbio, richiedere il parere del
proprio Consiglio dell’Ordine.
I - L’avvocato non deve porre in essere attività commerciale o di mediazione.
II - Costituisce infrazione disciplinare l’aver richiesto l’iscrizione all’albo in
pendenza di cause di incompatibilità, non dichiarate, ancorché queste siano
venute meno.
ARTICOLO 17. INFORMAZIONI SULL’ATTIVITÀ PROFESSIONALE.
L’avvocato può dare informazioni sulla propria attività professionale.
Il contenuto e la forma dell’informazione devono essere coerenti con la
fi nalità della tutela dell’affi damento della collettività e rispondere a criteri
di trasparenza e veridicità, il rispetto dei quali è verifi cato dal competente
Consiglio dell’Ordine.
Quanto al contenuto, l’informazione deve essere conforme a verità e
correttezza e non può avere ad oggetto notizie riservate o coperte dal segreto
professionale. L’avvocato non può rivelare al pubblico il nome dei propri
clienti, ancorché questi vi consentano.
Quanto alla forma e alle modalità, l’informazione deve rispettare la dignità e
il decoro della professione.
In ogni caso, l’informazione non deve assumere i connotati della pubblicità
ingannevole, elogiativa, comparativa.
I - Sono consentite, a fi ni non lucrativi, l’organizzazione e la sponsorizzazione
di seminari di studio, di corsi di formazione professionale e di convegni in
discipline attinenti alla professione forense da parte di avvocati o di società o
di associazioni di avvocati.
II - È consentita l’indicazione del nome di un avvocato defunto, che abbia fatto
parte dello studio, purché il professionista a suo tempo lo abbia espressamente
previsto o abbia disposto per testamento in tal senso, ovvero vi sia il consenso
unanime dei suoi eredi.
ARTICOLO 17-BIS. MODALITÀ DELL’INFORMAZIONE.
L’avvocato che intende dare informazione sulla propria attività professionale
deve indicare:
- la denominazione dello studio, con la indicazione dei nominativi dei
professionisti che lo compongono qualora l’esercizio della professione sia
svolto in forma associata o societaria;
- il Consiglio dell’Ordine presso il quale è iscritto ciascuno dei componenti
lo studio;
- la sede principale di esercizio, le eventuali sedi secondarie ed i recapiti, con
l’indicazione di indirizzo, numeri telefonici, fax, e-mail e del sito web, se
attivato;
- il titolo professionale che consente all’avvocato straniero l’esercizio in Italia,
o che consenta all’avvocato italiano l’esercizio all’estero, della professione di
avvocato in conformità delle direttive comunitarie.
Può indicare:
- i titoli accademici;
- i diplomi di specializzazione conseguiti presso gli istituti universitari;
- l’abilitazione a esercitare davanti alle giurisdizioni superiori;
- i settori di esercizio dell’attività professionale e, nell’ambito di questi,
eventuali materie di attività prevalente;
- le lingue conosciute;
- il logo dello studio;
- gli estremi della polizza assicurativa per la responsabilità professionale;
- l’eventuale certifi cazione di qualità dello studio; l’avvocato che intenda
fare menzione di una certifi cazione di qualità deve depositare presso il
Consiglio dell’Ordine il giustifi cativo della certifi cazione in corso di validità
e l’indicazione completa del certifi catore e del campo di applicazione della
certifi cazione uffi cialmente riconosciuta dallo Stato.
L’avvocato può utilizzare esclusivamente i siti web con domini propri e
direttamente riconducibili a sé, allo studio legale associato o alla società di
avvocati alla quale partecipa, previa comunicazione tempestiva al Consiglio
dell’Ordine di appartenenza della forma e del contenuto in cui è espresso.
Il professionista è responsabile del contenuto del sito e in esso deve indicare i
dati previsti dal primo comma.
Il sito non può contenere riferimenti commerciali e/o pubblicitari mediante
l’indicazione diretta o tramite banner o pop-up di alcun tipo.
ARTICOLO 18. RAPPORTI CON LA STAMPA.
Nei rapporti con la stampa e con gli altri mezzi di diffusione l’avvocato deve
ispirarsi a criteri di equilibrio e misura nel rilasciare interviste, per il rispetto
dei doveri di discrezione e riservatezza.
I - Il difensore, con il consenso del proprio assistito e nell’esclusivo interesse
dello stesso, può fornire agli organi di informazione e di stampa notizie che
non siano coperte dal segreto di indagine.
II - In ogni caso, nei rapporti con gli organi di informazione e con gli altri
mezzi di diffusione, è fatto divieto all’avvocato di enfatizzare la propria
capacità professionale, di spendere il nome dei propri clienti, di sollecitare
articoli di stampa o interviste sia su organi di informazione sia su altri mezzi
di diffusione; è fatto divieto altresì di convocare conferenze stampa fatte salve
le esigenze di difesa del cliente.
III - È consentito all’avvocato, previa comunicazione al Consiglio dell’Ordine
di appartenenza, di tenere o curare rubriche fi sse su organi di stampa con
l’indicazione del proprio nome e di partecipare a rubriche fi sse televisive o
radiofoniche.
ARTICOLO 19. DIVIETO DI ACCAPARRAMENTO DI CLIENTELA.
È vietata ogni condotta diretta all’acquisizione di rapporti di clientela a
mezzo di agenzie o procacciatori o con modi non conformi alla correttezza
e decoro.
I - L’avvocato non deve corrispondere ad un collega, o ad un altro soggetto,
un onorario, una provvigione o qualsiasi altro compenso quale corrispettivo
per la presentazione di un cliente.
II - Costituisce infrazione disciplinare l’offerta di omaggi o prestazioni a
terzi ovvero la corresponsione o la promessa di vantaggi per ottenere difese
o incarichi.
III – È vietato offrire, sia direttamente che per interposta persona, le proprie
prestazioni professionali al domicilio degli utenti, nei luoghi di lavoro, di
riposo, di svago e, in generale, in luoghi pubblici o aperti al pubblico.
IV – È altresì vietato all’avvocato offrire, senza esserne richiesto, una
prestazione personalizzata e, cioè, rivolta a una persona determinata per uno
specifi co affare.
ARTICOLO 20. DIVIETO DI USO DI ESPRESSIONI SCONVENIENTI OD
OFFENSIVE.
Indipendentemente dalle disposizioni civili e penali, l’avvocato deve evitare
di usare espressioni sconvenienti od offensive negli scritti in giudizio e
nell’attività professionale in genere, sia nei confronti dei colleghi che nei
confronti dei magistrati, delle controparti e dei terzi.
I - La ritorsione o la provocazione o la reciprocità delle offese non escludono
l’infrazione della regola deontologica.
ARTICOLO 21. DIVIETO DI ATTIVITÀ PROFESSIONALE SENZA TITOLO O DI USO DI TITOLI INESISTENTI.
L’iscrizione all’albo costituisce presupposto per l’esercizio dell’attività
giudiziale e stragiudiziale di assistenza e consulenza in materia legale e per
l’utilizzo del relativo titolo.
I - Costituisce illecito disciplinare l’uso di un titolo professionale non
conseguito ovvero lo svolgimento di attività in mancanza di titolo o in periodo
di sospensione.
II - Costituisce altresì illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato
che agevoli, o, in qualsiasi altro modo diretto o indiretto, renda possibile a
soggetti non abilitati o sospesi l’esercizio abusivo dell’attività di avvocato o
consenta che tali soggetti ne possano ricavare benefi ci economici, anche se
limitatamente al periodo di eventuale sospensione dall’esercizio.
III - L’avvocato può utilizzare il titolo accademico di professore solo se sia
docente universitario di materie giuridiche. In ogni caso dovrà specifi care la
qualifi ca, la materia di insegnamento e la facoltà.
IV - L’iscritto nel registro dei praticanti avvocati può usare esclusivamente
e per esteso il titolo di “praticante avvocato”, con l’eventuale indicazione di
“abilitato al patrocinio” qualora abbia conseguito tale abilitazione.
TITOLO II - RAPPORTI CON I COLLEGHI
ARTICOLO 22. RAPPORTO DI COLLEGANZA.
L’avvocato deve mantenere sempre nei confronti dei colleghi un comportamento
ispirato a correttezza e lealtà.
I - L’avvocato che collabori con altro collega è tenuto a rispondere con
sollecitudine alle sue richieste di informativa.
II - L’avvocato che intenda promuovere un giudizio nei confronti di un collega
per fatti attinenti all’esercizio della professione deve dargliene preventiva
comunicazione per iscritto, tranne che l’avviso possa pregiudicare il diritto da
tutelare.
III - L’avvocato non può registrare una conversazione telefonica con il collega.
La registrazione, nel corso di una riunione, è consentita soltanto con il consenso
di tutti i presenti.
ARTICOLO 23. RAPPORTO DI COLLEGANZA E DOVERE DI DIFESA NEL
PROCESSO.
Nell’attività giudiziale l’avvocato deve ispirare la propria condotta all’osservanza
del dovere di difesa, salvaguardando in quanto possibile il rapporto di
colleganza.
I - L’avvocato è tenuto a rispettare la puntualità alle udienze e in ogni altra
occasione di incontro con i colleghi.
II - L’avvocato deve opporsi a qualunque istanza, irrituale o ingiustifi cata,
formulata nel processo dalle controparti che comporti pregiudizio per la parte
assistita.
III - Il difensore che riceva l’incarico di fi ducia dall’imputato è tenuto a
comunicare tempestivamente con mezzi idonei al collega, già nominato
d’ufficio, il mandato ricevuto e, senza pregiudizio per il diritto di difesa, deve
raccomandare alla parte di provvedere al pagamento di quanto è dovuto al
difensore d’uffi cio per l’attività professionale eventualmente già svolta.
IV - Nell’esercizio del mandato l’avvocato può collaborare con i difensori delle
altre parti, anche scambiando informazioni, atti e documenti, nell’interesse della
parte assistita e nel rispetto della legge.
V - Nei casi di difesa congiunta, è dovere del difensore consultare il co-difensore in
ordine ad ogni scelta processuale ed informarlo del contenuto dei colloqui con il
comune assistito, al fi ne della effettiva condivisione della strategia processuale.
VI - L’interruzione delle trattative stragiudiziali, nella prospettiva di dare inizio
ad azioni giudiziarie, deve essere comunicata al collega avversario.
ARTICOLO 24. RAPPORTI CON IL CONSIGLIO DELL’ORDINE.
L’avvocato ha il dovere di collaborare con il Consiglio dell’Ordine di
appartenenza, o con altro che ne faccia richiesta, per l’attuazione delle fi nalità
istituzionali osservando scrupolosamente il dovere di verità. A tal fi ne ogni
iscritto è tenuto a riferire al Consiglio fatti a sua conoscenza relativi alla vita
forense o alla amministrazione della giustizia, che richiedano iniziative o
interventi collegiali.
I - Nell’ambito di un procedimento disciplinare, la mancata risposta dell’iscritto
agli addebiti comunicatigli e la mancata presentazione di osservazioni e difese
non costituisce autonomo illecito disciplinare, pur potendo tali comportamenti
essere valutati dall’organo giudicante nella formazione del proprio libero
convincimento.
II - Qualora il Consiglio dell’Ordine richieda all’iscritto chiarimenti, notizie o
adempimenti in relazione ad un esposto presentato da una parte o da un collega
tendente ad ottenere notizie o adempimenti nell’interesse dello stesso reclamante,
la mancata sollecita risposta dell’iscritto costituisce illecito disciplinare.
III - L’avvocato chiamato a far parte del Consiglio dell’Ordine deve adempiere
l’incarico con diligenza, imparzialità e nell’interesse generale.
IV – Ai fi ni della tenuta degli albi, l’avvocato ha il dovere di comunicare senza
ritardo al Consiglio dell’Ordine di appartenenza ed eventualmente a quello
competente per territorio, la costituzione di associazioni o società professionali
e i successivi eventi modifi cativi, nonché l’apertura di studi principali, secondari
e anche recapiti professionali.
ARTICOLO 25. RAPPORTI CON I COLLABORATORI DELLO STUDIO.
L’avvocato deve consentire ai propri collaboratori di migliorare la preparazione
professionale, compensandone la collaborazione in proporzione all’apporto
ricevuto.
ARTICOLO 26. RAPPORTI CON I PRATICANTI.
L’avvocato è tenuto verso i praticanti ad assicurare la effettività ed a favorire la
profi cuità della pratica forense al fi ne di consentire un’adeguata formazione.
I - L’avvocato deve fornire al praticante un adeguato ambiente di lavoro,
riconoscendo allo stesso, dopo un periodo iniziale, un compenso proporzionato
all’apporto professionale ricevuto.
II - L’avvocato deve attestare la veridicità delle annotazioni contenute nel
libretto di pratica solo in seguito ad un adeguato controllo e senza indulgere
a motivi di favore o di amicizia.
III - È responsabile disciplinarmente l’avvocato che dia incarico ai praticanti
di svolgere attività difensiva non consentita.
ARTICOLO 27. OBBLIGO DI CORRISPONDERE CON IL COLLEGA.
L’avvocato non può mettersi in contatto diretto con la controparte che sia
assistita da altro legale.
I - Soltanto in casi particolari, per richiedere determinati comportamenti o
intimare messe in mora od evitare prescrizioni o decadenze, la corrispondenza
può essere indirizzata direttamente alla controparte, sempre peraltro
inviandone copia per conoscenza al legale avversario.
II - Costituisce illecito disciplinare il comportamento dell’avvocato che accetti
di ricevere la controparte, sapendo che essa è assistita da un collega, senza
informare quest’ultimo e ottenerne il consenso.
ARTICOLO 28. DIVIETO DI PRODURRE LA CORRISPONDENZA SCAMBIATA
CON IL COLLEGA.
Non possono essere prodotte o riferite in giudizio le lettere qualifi cate riservate
e comunque la corrispondenza contenente proposte transattive scambiate con
i colleghi.
I - È producibile la corrispondenza intercorsa tra colleghi quando sia
stato perfezionato un accordo, di cui la stessa corrispondenza costituisca
attuazione.
II - È producibile la corrispondenza dell’avvocato che assicuri l’adempimento
delle prestazioni richieste.
III - L’avvocato non deve consegnare all’assistito la corrispondenza riservata
tra colleghi, ma può, qualora venga meno il mandato professionale, consegnarla
al professionista che gli succede, il quale è tenuto ad osservare i medesimi
criteri di riservatezza.
ARTICOLO 29. NOTIZIE RIGUARDANTI IL COLLEGA.
L’esibizione in giudizio di documenti relativi alla posizione personale del
collega avversario e l’utilizzazione di notizie relative alla sua persona sono
vietate, salvo che egli sia parte di un giudizio e che l’uso di tali notizie sia
necessario alla tutela di un diritto.
I - L’avvocato deve astenersi dall’esprimere apprezzamenti denigratori
sull’attività professionale di un collega.
ARTICOLO 30. OBBLIGO DI SODDISFARE LE PRESTAZIONI AFFIDATE AD ALTRO COLLEGA.
L’avvocato che scelga e incarichi direttamente altro collega di esercitare le
funzioni di rappresentanza o assistenza deve provvedere a retribuirlo, ove non
adempia la parte assistita, tranne che dimostri di essersi inutilmente attivato,
anche postergando il proprio credito, per ottenere l’adempimento.
ARTICOLO 31. OBBLIGO DI DARE ISTRUZIONI AL COLLEGA E OBBLIGO DI INFORMATIVA.
L’avvocato è tenuto a dare tempestive istruzioni al collega corrispondente.
Quest’ultimo, del pari, è tenuto a dare tempestivamente al collega informazioni
dettagliate sull’attività svolta e da svolgere.
I - L’elezione di domicilio presso altro collega deve essere preventivamente
comunicata e consentita.
II - È fatto divieto all’avvocato corrispondente di defi nire direttamente una
controversia, in via transattiva, senza informare il collega che gli ha affi dato
l’incarico.
III - L’avvocato corrispondente, in difetto di istruzioni, deve adoperarsi nel
modo più opportuno per la tutela degli interessi della parte, informando non
appena possibile il collega che gli ha affi dato l’incarico.
ARTICOLO 32. DIVIETO DI IMPUGNAZIONE DELLA TRANSAZIONE
RAGGIUNTA CON IL COLLEGA.
L’avvocato che abbia raggiunto con il patrono avversario un accordo transattivo
accettato dalle parti deve astenersi dal proporre impugnativa giudiziale della
transazione intervenuta, salvo che l’impugnazione sia giustifi cata da fatti
particolari non conosciuti o sopravvenuti.
ARTICOLO 33. SOSTITUZIONE DEL COLLEGA NELL’ATTIVITÀ DI DIFESA.
Nel caso di sostituzione di un collega nel corso di un giudizio, per revoca
dell’incarico o rinuncia, il nuovo legale dovrà rendere nota la propria nomina
al collega sostituito, adoperandosi, senza pregiudizio per l’attività difensiva,
perché siano soddisfatte le legittime richieste per le prestazioni svolte.
I - L’avvocato sostituito deve adoperarsi affi nché la successione nel mandato
avvenga senza danni per l’assistito, fornendo al nuovo difensore tutti gli elementi
per facilitargli la prosecuzione della difesa.
ARTICOLO 34. RESPONSABILITÀ DEI COLLABORATORI, SOSTITUTI E
ASSOCIATI.
Salvo che il fatto integri un’autonoma responsabilità, i collaboratori, sostituti e
ausiliari non sono disciplinarmente responsabili per il compimento di atti per
incarichi specifi ci ricevuti.
I - Nel caso di associazione professionale, è disciplinarmente responsabile
soltanto l’avvocato o gli avvocati a cui si riferiscano i fatti specifi ci commessi.
TITOLO III - RAPPORTI CON LA PARTE ASSISTITA
ARTICOLO 35. RAPPORTO DI FIDUCIA.
Il rapporto con la parte assistita è fondato sulla fi ducia.
I - L’incarico deve essere conferito dalla parte assistita o da altro avvocato che la
difenda. Qualora sia conferito da un terzo, che intenda tutelare l’interesse della
parte assistita ovvero anche un proprio interesse, l’incarico può essere accettato
soltanto con il consenso della parte assistita.
II - L’avvocato deve astenersi, dopo il conferimento del mandato, dallo stabilire
con l’assistito rapporti di natura economica, patrimoniale o commerciale che
in qualunque modo possano infl uire sul rapporto professionale, salvo quanto
previsto nell’art. 45.
ARTICOLO 36. AUTONOMIA DEL RAPPORTO.
L’avvocato ha l’obbligo di difendere gli interessi della parte assistita nel miglior
modo possibile nei limiti del mandato e nell’osservanza della legge e dei principi
deontologici.
I - L’avvocato non deve consapevolmente consigliare azioni inutilmente
gravose, né suggerire comportamenti, atti o negozi illeciti, fraudolenti o colpiti
da nullità.
II - L’avvocato, prima di accettare l’incarico, deve accertare l’identità del cliente
e dell’eventuale suo rappresentante.
III - In ogni caso, nel rispetto dei doveri professionali anche per quanto attiene
al segreto, l’avvocato deve rifi utare di ricevere o gestire fondi che non siano
riferibili a un cliente esattamente individuato.
IV - L’avvocato deve rifi utare di prestare la propria attività quando dagli
elementi conosciuti possa fondatamente desumere che essa sia fi nalizzata alla
realizzazione di una operazione illecita.
ARTICOLO 37. CONFLITTO DI INTERESSI.
L’avvocato ha l’obbligo di astenersi dal prestare attività professionale quando
questa determini un confl itto con gli interessi di un proprio assistito o interferisca
con lo svolgimento di altro incarico anche non professionale.
I - Sussiste confl itto di interessi anche nel caso in cui l’espletamento di un
nuovo mandato determini la violazione del segreto sulle informazioni fornite
da altro assistito, ovvero quando la conoscenza degli affari di una parte possa
avvantaggiare ingiustamente un altro assistito, ovvero quando lo svolgimento
di un precedente mandato limiti l’indipendenza dell’avvocato nello svolgimento
di un nuovo incarico.
II - L’obbligo di astensione opera altresì se le parti aventi interessi confl iggenti
si rivolgano ad avvocati che siano partecipi di una stessa società di avvocati o
associazione professionale o che esercitino negli stessi locali.
ARTICOLO 38. INADEMPIMENTO AL MANDATO.
Costituisce violazione dei doveri professionali, il mancato, ritardato o negligente
compimento di atti inerenti al mandato quando derivi da non scusabile e
rilevante trascuratezza degli interessi della parte assistita.
I - Il difensore d’uffi cio deve assolvere l’incarico con diligenza e sollecitudine; ove
sia impedito di partecipare a singole attività processuali deve darne tempestiva
e motivata comunicazione all’autorità procedente ovvero incaricare della difesa
un collega, il quale, ove accetti, è responsabile dell’adempimento dell’incarico.
ARTICOLO 39. ASTENSIONE DALLE UDIENZE.
L’avvocato ha diritto di partecipare alla astensione dalle udienze proclamata
dagli organi forensi in conformità con le disposizioni del codice di
autoregolamentazione e delle norme in vigore.
I - L’avvocato che eserciti il proprio diritto di non aderire alla astensione deve
informare preventivamente gli altri difensori costituiti.
II - Non è consentito aderire o dissociarsi dalla proclamata astensione a seconda
delle proprie contingenti convenienze. L’avvocato che aderisca all’astensione
non può dissociarsene con riferimento a singole giornate o a proprie specifi che
attività, così come l’avvocato che se ne dissoci non può aderirvi parzialmente,
in certi giorni o per particolari proprie attività professionali.
ARTICOLO 40. OBBLIGO DI INFORMAZIONE.
L’avvocato è tenuto ad informare chiaramente il proprio assistito all’atto
dell’incarico delle caratteristiche e dell’importanza della controversia o
delle attività da espletare, precisando le iniziative e le ipotesi di soluzione
possibili. L’avvocato è tenuto altresì ad informare il proprio assistito sullo
svolgimento del mandato affi datogli, quando lo reputi opportuno e ogni
qualvolta l’assistito ne faccia richiesta.
I - Se richiesto, è obbligo dell’avvocato informare la parte assistita sulle
previsioni di massima inerenti alla durata e ai costi presumibili del processo.
II - È obbligo dell’avvocato comunicare alla parte assistita la necessità del
compimento di determinati atti al fi ne di evitare prescrizioni, decadenze o altri
effetti pregiudizievoli relativamente agli incarichi in corso di trattazione.
III - Il difensore ha l’obbligo di riferire al proprio assistito il contenuto di
quanto appreso nell’esercizio del mandato se utile all’interesse di questi.
ARTICOLO 41. GESTIONE DI DENARO ALTRUI.
L’avvocato deve comportarsi con puntualità e diligenza nella gestione
del denaro ricevuto dal proprio assistito o da terzi per determinati affari
ovvero ricevuto per conto della parte assistita, ed ha l’obbligo di renderne
sollecitamente conto.
I - Costituisce infrazione disciplinare trattenere oltre il tempo strettamente
necessario le somme ricevute per conto della parte assistita.
II - In caso di deposito fi duciario l’avvocato è obbligato a richiedere istruzioni
scritte e ad attenervisi.
ARTICOLO 42. RESTITUZIONE DI DOCUMENTI.
L’avvocato è in ogni caso obbligato a restituire senza ritardo alla parte assistita
la documentazione dalla stessa ricevuta per l’espletamento del mandato
quando questa ne faccia richiesta.
I - L’avvocato può trattenere copia della documentazione, senza il consenso
della parte assistita, solo quando ciò sia necessario ai fi ni della liquidazione
del compenso e non oltre l’avvenuto pagamento.
ARTICOLO 43. RICHIESTA DI PAGAMENTO.
Durante lo svolgimento del rapporto professionale l’avvocato può chiedere
la corresponsione di anticipi ragguagliati alle spese sostenute ed a quelle
prevedibili e di acconti sulle prestazioni professionali, commisurati alla
quantità e complessità delle prestazioni richieste per lo svolgimento dell’incarico.
I - L’avvocato deve tenere la contabilità delle spese sostenute e degli acconti
ricevuti ed è tenuto a consegnare, a richiesta del cliente, la nota dettagliata
delle somme anticipate e delle spese sostenute per le prestazioni eseguite e
degli onorari per le prestazioni svolte.
II - L’avvocato non deve richiedere compensi manifestamente sproporzionati
all’attività svolta.
III - L’avvocato non può richiedere un compenso maggiore di quello già
indicato, in caso di mancato spontaneo pagamento, salvo che ne abbia fatto
espressa riserva.
IV - L’avvocato non può condizionare al riconoscimento dei propri diritti o
all’adempimento di prestazioni professionali il versamento alla parte assistita
delle somme riscosse per conto di questa.
ARTICOLO 44. COMPENSAZIONE.
L’avvocato ha diritto di trattenere le somme che gli siano pervenute dalla
parte assistita o da terzi a rimborso delle spese sostenute, dandone avviso
al cliente; può anche trattenere le somme ricevute, a titolo di pagamento dei
propri onorari, quando vi sia il consenso della parte assistita ovvero quando
si tratti di somme liquidate in sentenza a carico della controparte a titolo
di diritti e onorari ed egli non le abbia ancora ricevute dalla parte assistita,
ovvero quando abbia già formulato una richiesta di pagamento espressamente
accettata dalla parte assistita.
I - In ogni altro caso, l’avvocato è tenuto a mettere immediatamente a
disposizione della parte assistita le somme riscosse per conto di questa.
ARTICOLO 45. ACCORDI SULLA DEFINIZIONE DEL COMPENSO.
È consentito all’avvocato pattuire con il cliente compensi parametrati al
raggiungimento degli obiettivi perseguiti, fermo il divieto dell’articolo 1261
c.c. e sempre che i compensi siano proporzionati all’attività svolta, fermo il
principio disposto dall’art. 2233 del Codice civile.
ARTICOLO 46. AZIONI CONTRO LA PARTE ASSISTITA PER IL PAGAMENTO DEL COMPENSO.
L’avvocato può agire giudizialmente nei confronti della parte assistita per
il pagamento delle proprie prestazioni professionali, previa rinuncia al
mandato.
ARTICOLO 47. RINUNCIA AL MANDATO.
L’avvocato ha diritto di rinunciare al mandato.
I - In caso di rinuncia al mandato l’avvocato deve dare alla parte assistita un
preavviso adeguato alle circostanze, e deve informarla di quanto è necessario
fare per non pregiudicare la difesa.
II - Qualora la parte assistita non provveda in tempi ragionevoli alla nomina
di un altro difensore, nel rispetto degli obblighi di legge l’avvocato non è
responsabile per la mancata successiva assistenza, pur essendo tenuto ad
informare la parte delle comunicazioni che dovessero pervenirgli.
III - In caso di irreperibilità, l’avvocato deve comunicare la rinuncia al
mandato con lettera raccomandata alla parte assistita all’indirizzo anagrafi co
e all’ultimo domicilio conosciuto. Con l’adempimento di tale formalità, fermi
restando gli obblighi di legge, l’avvocato è esonerato da ogni altra attività,
indipendentemente dal fatto che l’assistito abbia effettivamente ricevuto tale
comunicazione.
TITOLO IV - RAPPORTI CON LA CONTROPARTE, I MAGISTRATI E I TERZI
ARTICOLO 48. MINACCIA DI AZIONI ALLA CONTROPARTE.
L’intimazione fatta dall’avvocato alla controparte tendente ad ottenere
particolari adempimenti sotto comminatoria di azioni, istanze fallimentari,
denunce o altre sanzioni, è consentita quando tenda a rendere avvertita la
controparte delle possibili iniziative giudiziarie in corso o da intraprendere; è
deontologicamente scorretta, invece, tale intimazione quando siano minacciate
azioni od iniziative sproporzionate o vessatorie.
I - Qualora ritenga di invitare la controparte ad un colloquio nel proprio
studio, prima di iniziare un giudizio, l’avvocato deve precisarle che può essere
accompagnata da un legale di fiducia.
II - L’addebito alla controparte di competenze e spese per l’attività prestata
in sede stragiudiziale è ammesso, purché la richiesta di pagamento sia fatta a
favore del proprio assistito.
ARTICOLO 49. PLURALITÀ DI AZIONI NEI CONFRONTI DELLA CONTROPARTE.
L’avvocato non deve aggravare con onerose o plurime iniziative giudiziali la
situazione debitoria della controparte quando ciò non corrisponda ad effettive
ragioni di tutela della parte assistita.
ARTICOLO 50. RICHIESTA DI COMPENSO PROFESSIONALE ALLA CONTROPARTE.
È vietato richiedere alla controparte il pagamento del proprio compenso
professionale, salvo che ciò sia oggetto di specifica pattuizione, con l’accordo
del proprio assistito, e in ogni altro caso previsto dalla legge.
I - In particolare è consentito all’avvocato chiedere alla controparte il
pagamento del proprio compenso professionale nel caso di avvenuta
transazione giudiziale e di inadempimento del proprio cliente.
ARTICOLO 51. ASSUNZIONE DI INCARICHI CONTRO EX- CLIENTI.
L’assunzione di un incarico professionale contro un ex-cliente è ammessa
quando sia trascorso almeno un biennio dalla cessazione del rapporto
professionale e l’oggetto del nuovo incarico sia estraneo a quello espletato
in precedenza. In ogni caso è fatto divieto all’avvocato di utilizzare notizie
acquisite in ragione del rapporto professionale già esaurito.
I - L’avvocato che abbia assistito congiuntamente i coniugi in controversie
familiari deve astenersi dal prestare, in favore di uno di essi, la propria
assistenza in controversie successive tra i medesimi.
ARTICOLO 52. RAPPORTI CON I TESTIMONI.
L’avvocato deve evitare di intrattenersi con i testimoni sulle circostanze
oggetto del procedimento con forzature o suggestioni dirette a conseguire
deposizioni compiacenti.
I - Resta ferma la facoltà di investigazione difensiva nei modi e termini previsti
dal codice di procedura penale, e nel rispetto delle disposizioni che seguono.
1. Il difensore di fi ducia e il difensore d’uffi cio sono tenuti ugualmente al
rispetto delle disposizioni previste nello svolgimento delle investigazioni
difensive.
2. In particolare il difensore ha il dovere di valutare la necessità o l’opportunità
di svolgere investigazioni difensive in relazione alle esigenze e agli obiettivi
della difesa in favore del proprio assistito.
3. La scelta sull’oggetto, sui modi e sulle forme delle investigazioni nonché
sulla utilizzazione dei risultati compete al difensore.
4. Quando si avvale di sostituti, collaboratori di studio, investigatori privati
autorizzati e consulenti tecnici, il difensore può fornire agli stessi tutte le
informazioni e i documenti necessari per l’espletamento dell’incarico, anche
nella ipotesi di intervenuta segretazione degli atti, raccomandando il vincolo
del segreto e l’obbligo di comunicare i risultati esclusivamente al difensore.
5. Il difensore ha il dovere di mantenere il segreto professionale sugli atti delle
investigazioni difensive e sul loro contenuto, fi nché non ne faccia uso nel
procedimento, salva la rivelazione per giusta causa nell’interesse del proprio
assistito.
6. Il difensore ha altresì l’obbligo di conservare scrupolosamente e
riservatamente la documentazione delle investigazioni difensive per tutto il
tempo ritenuto necessario o utile per l’esercizio della difesa.
7. È fatto divieto al difensore e ai vari soggetti interessati di corrispondere
compensi o indennità sotto qualsiasi forma alle persone interpellate ai fi ni
delle investigazioni difensive, salva la facoltà di provvedere al rimborso delle
spese documentate.
8. Il difensore deve informare le persone interpellate ai fi ni delle investigazioni
della propria qualità, senza obbligo di rivelare il nome dell’assistito.
9. Il difensore deve inoltre informare le persone interpellate che, se si
avvarranno della facoltà di non rispondere, potranno essere chiamate ad
una audizione davanti al pubblico ministero ovvero a rendere un esame
testimoniale davanti al giudice, ove saranno tenute a rispondere anche alle
domande del difensore.
10. Il difensore deve altresì informare le persone sottoposte a indagine o
imputate nello stesso procedimento o in altro procedimento connesso o
collegato che, se si avvarranno della facoltà di non rispondere, potranno essere
chiamate a rendere esame davanti al giudice in incidente probatorio.
11. Il difensore, quando intende compiere un accesso in un luogo privato,
deve richiedere il consenso di chi ne abbia la disponibilità, informandolo della
propria qualità e della natura dell’atto da compiere, nonché della possibilità
che, ove non sia prestato il consenso, l’atto sia autorizzato dal giudice.
12. Per conferire, chiedere dichiarazioni scritte o assumere informazioni
dalla persona offesa dal reato il difensore procede con invito scritto, previo
avviso al legale della stessa persona offesa, ove ne sia conosciuta l’esistenza.
Se non risulta assistita, nell’invito è indicata l’opportunità che comunque
un legale sia consultato e intervenga all’atto. Nel caso di persona minore,
l’invito è comunicato anche a chi esercita la potestà dei genitori, con facoltà
di intervenire all’atto.
13. Il difensore, anche quando non redige un verbale, deve documentare
lo stato dei luoghi e delle cose, procurando che nulla sia mutato, alterato o
disperso.
14. Il difensore ha il dovere di rispettare tutte le disposizioni fi ssate dalla legge
e deve comunque porre in essere le cautele idonee ad assicurare la genuinità
delle dichiarazioni.
15. Il difensore deve documentare in forma integrale le informazioni assunte.
Quando è disposta la riproduzione anche fonografi ca le informazioni possono
essere documentate in forma riassuntiva.
16. Il difensore non è tenuto a rilasciare copia del verbale alla persona che ha
reso informazioni né al suo difensore.
ARTICOLO 53. RAPPORTI CON I MAGISTRATI.
I rapporti con i magistrati devono essere improntati alla dignità e al rispetto
quali si convengono alle reciproche funzioni.
I - Salvo casi particolari, l’avvocato non può discutere del giudizio civile
in corso con il giudice incaricato del processo senza la presenza del legale
avversario.
II - L’avvocato chiamato a svolgere funzioni di magistrato onorario
deve rispettare tutti gli obblighi inerenti a tali funzioni e le norme sulla
incompatibilità.
III - L’avvocato non deve approfi ttare di eventuali rapporti di amicizia, di
familiarità o di confi denza con i magistrati per ottenere favori e preferenze.
In ogni caso deve evitare di sottolineare la natura di tali rapporti nell’esercizio
del suo ministero, nei confronti o alla presenza di terze persone.
ARTICOLO 54. RAPPORTI CON ARBITRI E CONSULENTI TECNICI.
L’avvocato deve ispirare il proprio rapporto con arbitri e consulenti tecnici a
correttezza e lealtà, nel rispetto delle reciproche funzioni.
ARTICOLO 55. ARBITRATO.
L’avvocato chiamato a svolgere la funzione di arbitro è tenuto ad improntare il
proprio comportamento a probità e correttezza e a vigilare che il procedimento
si svolga con imparzialità e indipendenza.
I - L’avvocato non può assumere la funzioni di arbitro quando abbia in corso
rapporti professionali con una delle parti.
II - L’avvocato non può accettare la nomina ad arbitro se una delle parti
del procedimento sia assistita da altro professionista di lui socio o con lui
associato, ovvero che eserciti negli stessi locali.
In ogni caso l’avvocato deve comunicare alle parti ogni circostanza di fatto e
ogni rapporto con i difensori che possano incidere sulla sua indipendenza, al
fi ne di ottenere il consenso delle parti stesse all’espletamento dell’incarico.
III - L’avvocato che sia stato richiesto di svolgere la funzione di arbitro
deve dichiarare per iscritto, nell’accettare l’incarico, l’inesistenza di ragioni
ostative all’assunzione della veste di arbitro o comunque di relazioni di tipo
professionale, commerciale, economico, familiare o personale con una delle
parti. Diversamente, deve specifi care dette ragioni ostative, la natura e il tipo
di tali relazioni e può accettare l’incarico solo se le parti non si oppongano
entro dieci giorni dal ricevimento della comunicazione.
IV - L’avvocato che viene designato arbitro deve comportarsi nel corso del
procedimento in modo da preservare la fi ducia in lui riposta dalle parti e deve
rimanere immune da infl uenze e condizionamenti esterni di qualunque tipo.
Egli inoltre:
- ha il dovere di mantenere la riservatezza sui fatti di cui venga a conoscenza
in ragione del procedimento arbitrale;
- non deve fornire notizie su questioni attinenti al procedimento;
- non deve rendere nota la decisione prima che questa sia formalmente
comunicata a tutte le parti.
ARTICOLO 56. RAPPORTI CON I TERZI.
L’avvocato ha il dovere di rivolgersi con correttezza e con rispetto nei
confronti del personale ausiliario di giustizia, del proprio personale dipendente
e di tutte le persone in genere con cui venga in contatto nell’esercizio della
professione.
I - Anche al di fuori dell’esercizio della professione l’avvocato ha il dovere di
comportarsi, nei rapporti interpersonali, in modo tale da non compromettere
la fi ducia che i terzi debbono avere nella sua capacità di adempiere i doveri
professionali e nella dignità della professione.
ARTICOLO 57. ELEZIONI FORENSI.
L’avvocato che partecipi, quale candidato o quale sostenitore di candidati,
ad elezioni ad organi rappresentativi dell’Avvocatura deve comportarsi con
correttezza, evitando forme di propaganda ed iniziative non consone alla
dignità delle funzioni.
I - È vietata ogni forma di propaganda elettorale o di iniziativa nella sede di
svolgimento delle elezioni e durante le operazioni di voto.
II - Nelle sedi di svolgimento delle operazioni di voto è consentita la sola
affi ssione delle liste elettorali e di manifesti contenenti le regole di svolgimento
delle operazioni di voto.
ARTICOLO 58. LA TESTIMONIANZA DELL’AVVOCATO.
Per quanto possibile, l’avvocato deve astenersi dal deporre come testimone su
circostanze apprese nell’esercizio della propria attività professionale e inerenti
al mandato ricevuto.
I - L’avvocato non deve mai impegnare di fronte al giudice la propria parola
sulla verità dei fatti esposti in giudizio.
II - Qualora l’avvocato intenda presentarsi come testimone dovrà rinunciare
al mandato e non potrà riassumerlo.
ARTICOLO 59. OBBLIGO DI PROVVEDERE ALL’ADEMPIMENTO DELLE
OBBLIGAZIONI ASSUNTE NEI CONFRONTI DEI TERZI.
L’avvocato è tenuto a provvedere regolarmente all’adempimento delle
obbligazioni assunte nei confronti dei terzi.
I - L’inadempimento ad obbligazioni estranee all’esercizio della professione
assume carattere di illecito disciplinare, quando, per modalità o gravità, sia tale
da compromettere la fi ducia dei terzi nella capacità dell’avvocato di rispettare
i propri doveri professionali.
TITOLO V - DISPOSIZIONE FINALE
ARTICOLO 60. NORMA DI CHIUSURA.
Le disposizioni specifiche di questo codice costituiscono esemplificazioni
dei comportamenti più ricorrenti e non limitano l’ambito di applicazione dei
principi generali espressi.
CODICE DI DEONTOLOGIA E DI BUONA CONDOTTA PER
IL TRATTAMENTO DEI DATI PERSONALI PER SVOLGERE
INVESTIGAZIONI DIFENSIVE O PER FARE VALERE O DIFENDERE
UN DIRITTO IN SEDE GIUDIZIARIA
Preambolo
I sottoindicati soggetti sottoscrivono il presente codice di deontologia e di buona
condotta sulla base delle seguenti premesse:
1. diversi soggetti, in particolare gli avvocati e i praticanti avvocati iscritti nei
relativi albi e registri e chi esercita un’attività di investigazione privata autorizzata
in conformità alla legge, utilizzano dati di carattere personale per svolgere
investigazioni difensive collegate a un procedimento penale (l. 7 dicembre 2000,
n. 397) o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria.
L’utilizzo di questi dati è imprescindibile per garantire una tutela piena ed effettiva
dei diritti, con particolare riguardo al diritto di difesa e al diritto alla prova:
un’effi cace tutela di questi due diritti non è pregiudicata, ed è anzi rafforzata,
dal principio secondo cui il trattamento dei dati personali deve rispettare i diritti,
le libertà fondamentali e la dignità delle persone interessate, con particolare
riferimento alla riservatezza, all’identità personale e al diritto alla protezione dei
dati personali (artt. 1 e 2 del Codice);
2. gli specifi ci adattamenti e cautele previsti dalla legge o dal presente codice
deontologico non possono trovare applicazione se i dati sono trattati per fi nalità
diverse da quelle di cui all’art. 1 del presente codice;
3. consapevoli del primario interesse al legittimo esercizio del diritto di difesa
e alla tutela del segreto professionale, i predetti soggetti avvertono l’esigenza
di individuare aspetti specifi ci delle loro attività professionali, in particolare
rispetto alle informazioni personali di carattere sensibile o giudiziario. Ciò, al
fi ne di valorizzare le peculiarità delle attività di ricerca, di acquisizione, di utilizzo
e di conservazione dei dati, delle dichiarazioni e dei documenti a fi ni difensivi,
specie in sede giudiziaria, e di prevenire talune incertezze applicative che si sono
a volte sviluppate e che hanno portato anche a ipotizzare inutili misure protettive
non previste da alcuna disposizione e anzi contrastanti con ordinarie esigenze
di funzionalità. Il primario interesse al legittimo esercizio del diritto di difesa
deve essere rispettato in ogni sede, anche in occasione di accertamenti ispettivi,
tenendo altresì conto dei limiti normativi all’esercizio dei diritti dell’interessato
(artt. 7, 8 e 9 del Codice) previsti per fi nalità di tutela del diritto di difesa;
4. il trattamento dei dati per l’attività di difesa concorre alla formazione
permanente del professionista e contribuisce alla realizzazione di un patrimonio
di precedenti giuridici che perdura nel tempo, per ipotizzabili necessità di difesa,
anche dopo l’estinzione del rapporto di mandato, oltre a essere espressione della
propria attività professionale;
5. norme di legge e provvedimenti attuativi prevedono già garanzie e accorgimenti
da osservare per la protezione dei dati personali utilizzati per far valere o difendere
un diritto in sede giudiziaria o per svolgere investigazioni difensive. Tali cautele,
che non vanno osservate se i dati sono anonimi, hanno già permesso di chiarire,
ad esempio, a quali condizioni sia lecito raccogliere informazioni personali senza
consenso e senza una specifi ca informativa, e che è legittimo utilizzarle in modo
proporzionato per esigenze di difesa anche quando il procedimento civile o
penale di riferimento non sia ancora instaurato. I predetti accorgimenti e garanzie
possono comportare, se non sono rispettati, l’inutilizzabilità dei dati trattati (art.
11, comma 2, del Codice). Essi riguardano, in particolare:
a) l’informativa agli interessati, che può non comprendere gli elementi già noti
alla persona che fornisce i dati e può essere caratterizzata da uno stile colloquiale
e da formule sintetiche adatte al rapporto fi duciario con la persona assistita o,
comunque, alla prestazione professionale; essa può essere fornita, anche solo
oralmente e, comunque, una tantum rispetto al complesso dei dati raccolti sia
presso l’interessato, sia presso terzi. Ciò, con possibilità di omettere l’informativa
stessa per i dati raccolti presso terzi, qualora gli stessi siano trattati solo per il
periodo strettamente necessario per far valere o difendere un diritto in sede
giudiziaria o per svolgere investigazioni difensive, tenendo presente che non sono
raccolti presso l’interessato i dati provenienti da un rilevamento lecito a distanza,
soprattutto quando non sia tale da interagire direttamente con l’interessato (art.
13, comma 5, lett. b) del Codice);
b) il consenso dell’interessato, che non va richiesto per adempiere a obblighi
di legge e che non occorre, altresì, per i dati anche di natura sensibile utilizzati
per perseguire fi nalità di difesa di un diritto anche mediante investigazioni
difensive. Ciò, sia per i dati trattati nel corso di un procedimento, anche in
sede amministrativa, di arbitrato o di conciliazione, sia nella fase propedeutica
all’instaurazione di un eventuale giudizio, anche al fi ne di verifi care con le parti
se vi sia un diritto da tutelare utilmente in sede giudiziaria, sia nella fase successiva
alla risoluzione, giudiziale o stragiudiziale della lite. Occorre peraltro avere cura
di rispettare, se si tratta di dati idonei a rivelare lo stato di salute e la vita sessuale,
il principio del “pari rango”, il quale giustifi ca il loro trattamento quando il
diritto che si intende tutelare, anche derivante da atto o fatto illecito, è “di rango
pari a quello dell’interessato, ovvero consistente in un diritto della personalità o
in altro diritto o libertà fondamentale e inviolabile” (artt. 24, comma 1, lett. f) e
26, comma 4, lett. c) del Codice; aut. gen. nn. 2/2007, 4/2007 e 6/2007; Provv. del
Garante del 9 luglio 2003);
c) l’accesso ai dati personali e l’esercizio degli altri diritti da parte dell’interessato
rispetto al trattamento dei dati stessi; diritti per i quali è previsto, per legge, un
possibile differimento nel periodo durante il quale, dal loro esercizio, può derivare
un pregiudizio effettivo e concreto per lo svolgimento delle investigazioni
difensive o per l’esercizio del diritto in sede giudiziaria (art. 8, comma 2, lett. e)
del Codice);
d) il flusso verso l’estero dei dati trasferiti solo per fi nalità di svolgimento di
investigazioni difensive o, comunque, per far valere o difendere un diritto in sede
giudiziaria, per il tempo a ciò strettamente necessario, trasferimento che non è
pregiudicato né verso Paesi dell’Unione europea, né verso Paesi terzi (artt. 42 e
43, comma 1, lett. e) del Codice);
e) la notificazione dei trattamenti, che non è richiesta per innumerevoli trattamenti
di dati effettuati per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria, o per
svolgere investigazioni difensive (art. 37, comma 1, del Codice; del. 31 marzo
2004, n. 1 e nota di chiarimenti n. 9654/33365 del 23 aprile 2004);
f) la designazione di incaricati e di eventuali responsabili del trattamento,
considerata la facoltà di avvalersi di soggetti che possono utilizzare legittimamente i
dati (colleghi, collaboratori, corrispondenti, domiciliatari, sostituti, periti, ausiliari
e consulenti che non rivestano la qualità di autonomi titolari del trattamento: artt.
29 e 30 del Codice);
g) i dati particolari quali quelli genetici, per i quali sono previste già alcune cautele
in particolare per ciò che riguarda il principio di proporzionalità, le misure di
sicurezza, il contenuto dell’informativa agli interessati e la manifestazione del
consenso (art. 90 del Codice; aut. gen. del Garante del 22 febbraio 2007);
h) l’informatica giuridica ai sensi degli artt. 51 e 52 del Codice, per la quale
apposite disposizioni di legge hanno individuato opportune cautele per tutelare
gli interessati senza pregiudicare l’informazione scientifi co-giuridica;
i) l’utilizzazione di dati pubblici e di altri dati e documenti contenuti in pubblici
registri, elenchi, albi, atti o documenti conoscibili da chiunque, nonché in banche
di dati, archivi ed elenchi, ivi compresi gli atti dello stato civile, dai quali possono
essere estratte lecitamente informazioni personali riportate in certifi cazioni e
attestazioni utilizzabili a fi ni difensivi;
6. rispetto a questo quadro, il presente codice individua alcune regole complementari
di comportamento le quali costituiscono una condizione essenziale per la liceità e
la correttezza del trattamento dei dati, ma non hanno diretta rilevanza sul piano
degli illeciti disciplinari; esse non pregiudicano, quindi, la distinta e autonoma
valenza delle norme deontologiche professionali e le scelte adottate al riguardo
dai competenti organismi di settore, in particolare rispetto al codice deontologico
forense. Peraltro, l’inosservanza di quest’ultimo può assumere rilievo ai fi ni della
valutazione della liceità e correttezza del trattamento dei dati personali;
7. utile supporto alla protezione dei dati proviene anche da ulteriori princìpi
già riconosciuti, in materia, dal codice di procedura penale e dallo stesso codice
deontologico forense (in particolare, per quanto riguarda il dovere di segretezza
e riservatezza, anche nei confronti di ex clienti, la rivelazione di notizie riservate
o coperte dal segreto professionale, la rivelazione al pubblico del nominativo di
clienti, la registrazione di colloqui tra avvocati e la corrispondenza tra colleghi),
nonché da altre regole di comportamento individuate dall’Unione delle camere
penali italiane o da ulteriori organismi sottoscrittori del presente codice
deontologico.
Capo I - Principi generali
Art. 1. Ambito di applicazione
1. Le disposizioni del presente codice devono essere rispettate nel trattamento
di dati personali per svolgere investigazioni difensive o per far valere o difendere
un diritto in sede giudiziaria, sia nel corso di un procedimento, anche in sede
amministrativa, di arbitrato o di conciliazione, sia nella fase propedeutica
all’instaurazione di un eventuale giudizio, sia nella fase successiva alla sua
defi nizione, da parte di:
a) avvocati o praticanti avvocati iscritti ad albi territoriali o ai relativi registri,
sezioni ed elenchi, i quali esercitino l’attività in forma individuale, associata o
societaria svolgendo, anche su mandato, un’attività in sede giurisdizionale o di
consulenza o di assistenza stragiudiziale, anche avvalendosi di collaboratori,
dipendenti o ausiliari, nonché da avvocati stranieri esercenti legalmente la
professione sul territorio dello Stato;
b) soggetti che, sulla base di uno specifi co incarico anche da parte di un difensore
(aut. gen. n. 6/2007, punto n. 2), svolgano in conformità alla legge attività di
investigazione privata (art. 134 r.d. 18 giugno 1931, n. 773; art. 222 norme di
coordinamento del c.p.p.).
2. Le disposizioni del presente codice si applicano, altresì, a chiunque tratti dati
personali per le fi nalità di cui al comma 1, in particolare a altri liberi professionisti
o soggetti che in conformità alla legge prestino, su mandato, attività di assistenza
o consulenza per le medesime fi nalità.
Capo II - Trattamenti da parte di avvocati
Art. 2. Modalità di trattamento
1. L’avvocato organizza il trattamento anche non automatizzato dei dati
personali secondo le modalità che risultino più adeguate, caso per caso, a
favorire in concreto l’effettivo rispetto dei diritti, delle libertà e della dignità
degli interessati, applicando i princìpi di fi nalità, necessità, proporzionalità
e non eccedenza sulla base di un’attenta valutazione sostanziale e non
formalistica delle garanzie previste, nonché di un’analisi della quantità e
qualità delle informazioni che utilizza e dei possibili rischi.
2. Le decisioni relativamente a quanto previsto dal comma 1 sono adottate dal
titolare del trattamento il quale resta individuato, a seconda dei casi, in:
a) un singolo professionista;
b) una pluralità di professionisti, codifensori della medesima parte assistita o
che, anche al di fuori del mandato di difesa, siano stati comunque interessati a
concorrere all’opera professionale quali consulenti o domiciliatari;
c) un’associazione tra professionisti o una società di professionisti.
3. Nel quadro delle adeguate istruzioni da impartire per iscritto agli incaricati
del trattamento da designare e ai responsabili del trattamento prescelti
facoltativamente (artt. 29 e 30 del Codice), sono formulate concrete indicazioni
in ordine alle modalità che tali soggetti devono osservare, a seconda del loro
ruolo di sostituto processuale, di praticante avvocato con o senza abilitazione
al patrocinio, di consulente tecnico di parte, perito, investigatore privato o
altro ausiliario che non rivesta la qualità di autonomo titolare del trattamento,
nonché di tirocinante, stagista o di persona addetta a compiti di collaborazione
amministrativa.
4. Specifi ca attenzione è prestata all’adozione di idonee cautele per prevenire
l’ingiustifi cata raccolta, utilizzazione o conoscenza di dati in caso di:
a) acquisizione anche informale di notizie, dati e documenti connotati da un
alto grado di confi denzialità o che possono comportare, comunque, rischi
specifi ci per gli interessati;
b) scambio di corrispondenza, specie per via telematica;
c) esercizio contiguo di attività autonome all’interno di uno studio;
d) utilizzo di dati di cui è dubbio l’impiego lecito, anche per effetto del ricorso
a tecniche invasive;
e) utilizzo e distruzione di dati riportati su particolari dispositivi o supporti,
specie elettronici (ivi comprese registrazioni audio/video), o documenti
(tabulati di fl ussi telefonici e informatici, consulenze tecniche e perizie,
relazioni redatte da investigatori privati);
f) custodia di materiale documentato, ma non utilizzato in un procedimento
e ricerche su banche dati a uso interno, specie se consultabili anche
telematicamente da uffi ci dello stesso titolare del trattamento situati altrove;
g) acquisizione di dati e documenti da terzi, verifi cando che si abbia titolo per
ottenerli;
h) conservazione di atti relativi ad affari defi niti.
5. Se i dati sono trattati per esercitare il diritto di difesa in sede giurisdizionale,
ciò può avvenire anche prima della pendenza di un procedimento, sempreché i
dati medesimi risultino strettamente funzionali all’esercizio del diritto di difesa,
in conformità ai princìpi di proporzionalità, di pertinenza, di completezza e
di non eccedenza rispetto alle fi nalità difensive (art. 11 del Codice).
6. Sono utilizzati lecitamente e secondo correttezza:
a) i dati personali contenuti in pubblici registri, elenchi, albi, atti o documenti
conoscibili da chiunque, nonché in banche di dati, archivi ed elenchi, ivi
compresi gli atti dello stato civile, dai quali possono essere estratte lecitamente
informazioni personali riportate in certifi cazioni e attestazioni utilizzabili a
fini difensivi;
b) atti, annotazioni, dichiarazioni e informazioni acquisite nell’ambito di
indagini difensive, in particolare ai sensi degli articoli 391-bis, 391-ter e 391-
quater del codice di procedura penale, evitando l’ingiustifi cato rilascio di
copie eventualmente richieste. Se per effetto di un conferimento accidentale,
anche in sede di acquisizione di dichiarazioni e informazioni ai sensi dei
medesimi articoli 391-bis, 391-ter e 391-quater, sono raccolti dati eccedenti
e non pertinenti rispetto alle fi nalità difensive, tali dati, qualora non possano
essere estrapolati o distrutti, formano un unico contesto, unitariamente agli
altri dati raccolti.
Art. 3. Informativa unica
1. L’avvocato può fornire in un unico contesto, anche mediante affi ssione
nei locali dello Studio e, se ne dispone, pubblicazione sul proprio sito
Internet, anche utilizzando formule sintetiche e colloquiali, l’informativa
sul trattamento dei dati personali (art. 13 del Codice) e le notizie che deve
indicare ai sensi della disciplina sulle indagini difensive.
Art. 4. Conservazione e cancellazione dei dati
1. La defi nizione di un grado di giudizio o la cessazione dello svolgimento di
un incarico non comportano un’automatica dismissione dei dati. Una volta
estinto il procedimento o il relativo rapporto di mandato, atti e documenti
attinenti all’oggetto della difesa o delle investigazioni difensive possono essere
conservati, in originale o in copia e anche in formato elettronico, qualora
risulti necessario in relazione a ipotizzabili altre esigenze difensive della parte
assistita o del titolare del trattamento, ferma restando la loro utilizzazione in
forma anonima per fi nalità scientifi che. La valutazione è effettuata tenendo
conto della tipologia dei dati. Se è prevista una conservazione per adempiere a
un obbligo normativo, anche in materia fi scale e di contrasto della criminalità,
sono custoditi i soli dati personali effettivamente necessari per adempiere al
medesimo obbligo.
2. Fermo restando quanto previsto dal codice deontologico forense in ordine
alla restituzione al cliente dell’originale degli atti da questi ricevuti, e salvo
quanto diversamente stabilito dalla legge, è consentito, previa comunicazione
alla parte assistita, distruggere, cancellare o consegnare all’avente diritto o ai
suoi eredi o aventi causa la documentazione integrale dei fascicoli degli affari
trattati e le relative copie.
3. In caso di revoca o di rinuncia al mandato fi duciario o del patrocinio, la
documentazione acquisita è rimessa, in originale ove detenuta in tale forma,
al difensore che subentra formalmente nella difesa.
4. La titolarità del trattamento non cessa per il solo fatto della sospensione
o cessazione dell’esercizio della professione. In caso di cessazione anche per
sopravvenuta incapacità e qualora manchi un altro difensore anche succeduto
nella difesa o nella cura dell’affare, la documentazione dei fascicoli degli affari
trattati, decorso un congruo termine dalla comunicazione all’assistito, è
consegnata al Consiglio dell’ordine di appartenenza ai fi ni della conservazione
per finalità difensive.
Art. 5. Comunicazione e diffusione di dati
1. Nei rapporti con i terzi e con la stampa possono essere rilasciate informazioni
non coperte da segreto qualora sia necessario per fi nalità di tutela dell’assistito,
ancorché non concordato con l’assistito medesimo, nel rispetto dei princìpi
di fi nalità, liceità, correttezza, indispensabilità, pertinenza e non eccedenza
di cui al Codice (art. 11), nonché dei diritti e della dignità dell’interessato e di
terzi, di eventuali divieti di legge e del codice deontologico forense.
Art. 6. Accertamenti riguardanti documentazione detenuta dal difensore
1. In occasione di accertamenti ispettivi che lo riguardano l’avvocato
ha diritto ai sensi dell’articolo 159, comma 3, del Codice che vi assista il
presidente del competente Consiglio dell’ordine forense o un consigliere da
questo delegato. Allo stesso, se interviene e ne fa richiesta, è consegnata copia
del provvedimento.
2. In sede di istanza di accesso o richiesta di comunicazione dei dati di
traffi co relativi a comunicazioni telefoniche in entrata ai sensi degli artt.
8, comma 2, lett. f) e 24, comma 1, lett. f) del Codice, l’avvocato attesta
al fornitore di servizi di comunicazione elettronica accessibili al pubblico
la sussistenza del pregiudizio effettivo e concreto che deriverebbe per lo
svolgimento delle investigazioni difensive dalla mancata disponibilità dei
dati, senza menzionare necessariamente il numero di repertorio di un
procedimento penale.
Capo III - Trattamenti da parte di altri liberi professionisti e ulteriori soggetti
Art. 7. Applicazione di disposizioni riguardanti gli avvocati
1. Le disposizioni di cui agli articoli 2 e 5 si applicano, salvo quanto applicabile
per legge unicamente all’avvocato:
a) a liberi professionisti che prestino o su mandato dell’avvocato o unitamente
a esso o, comunque, nei casi e nella misura consentita dalla legge, attività di
consulenza e assistenza per far valere o difendere un diritto in sede giudiziaria
o per lo svolgimento delle investigazioni difensive;
b) agli altri soggetti, di cui all’art. 1, comma 2, salvo quanto risulti obiettivamente
incompatibile in relazione alla fi gura soggettiva o alla funzione svolta.
Capo IV - Trattamenti da parte di investigatori privati
Art. 8. Modalità di trattamento
1. L’investigatore privato organizza il trattamento anche non automatizzato
dei dati personali secondo le modalità di cui all’articolo 2, comma 1.
2. L’investigatore privato non può intraprendere di propria iniziativa
investigazioni, ricerche o altre forme di raccolta dei dati. Tali attività possono
essere eseguite esclusivamente sulla base di apposito incarico conferito per
iscritto e solo per le fi nalità di cui al presente codice.
3. L’atto d’incarico deve menzionare in maniera specifi ca il diritto che si
intende esercitare in sede giudiziaria, ovvero il procedimento penale al quale
l’investigazione è collegata, nonché i principali elementi di fatto che giustifi cano
l’investigazione e il termine ragionevole entro cui questa deve essere conclusa.
4. L’investigatore privato deve eseguire personalmente l’incarico ricevuto
e può avvalersi solo di altri investigatori privati indicati nominativamente
all’atto del conferimento dell’incarico, oppure successivamente in calce a
esso qualora tale possibilità sia stata prevista nell’atto di incarico. Restano
ferme le prescrizioni relative al trattamento dei dati sensibili contenute in atti
autorizzativi del Garante.
5. Nel caso in cui si avvalga di collaboratori interni designati quali responsabili
o incaricati del trattamento in conformità a quanto previsto dagli artt. 29 e 30
del Codice, l’investigatore privato formula concrete indicazioni in ordine alle
modalità da osservare e vigila, con cadenza almeno settimanale, sulla puntuale
osservanza delle norme di legge e delle istruzioni impartite. Tali soggetti
possono avere accesso ai soli dati strettamente pertinenti alla collaborazione
a essi richiesta.
6. Il difensore o il soggetto che ha conferito l’incarico devono essere informati
periodicamente dell’andamento dell’investigazione, anche al fi ne di permettere
loro una valutazione tempestiva circa le determinazioni da adottare riguardo
all’esercizio del diritto in sede giudiziaria o al diritto alla prova.
Art. 9 Altre regole di comportamento
1. L’investigatore privato si astiene dal porre in essere prassi elusive di obblighi
e di limiti di legge e, in particolare, conforma ai princìpi di liceità e correttezza
del trattamento sanciti dal Codice:
a) l’acquisizione di dati personali presso altri titolari del trattamento, anche
mediante mera consultazione, verifi cando che si abbia titolo per ottenerli;
b) il ricorso ad attività lecite di rilevamento, specie a distanza, e di audio/
videoripresa;
c) la raccolta di dati biometrici.
2. L’investigatore privato rispetta nel trattamento dei dati le disposizioni di
cui all’articolo 2, commi 4, 5 e 6 del presente codice.
Art. 10. Conservazione e cancellazione dei dati
1. Nel rispetto dell’art. 11, comma 1, lett. e) del Codice i dati personali trattati
dall’investigatore privato possono essere conservati per un periodo non
superiore a quello strettamente necessario per eseguire l’incarico ricevuto. A tal
fi ne deve essere verifi cata costantemente, anche mediante controlli periodici,
la stretta pertinenza, non eccedenza e indispensabilità dei dati rispetto alle
fi nalità perseguite e all’incarico conferito.
2. Una volta conclusa la specifi ca attività investigativa, il trattamento deve
cessare in ogni sua forma, fatta eccezione per l’immediata comunicazione al
difensore o al soggetto che ha conferito l’incarico, i quali possono consentire,
anche in sede di mandato, l’eventuale conservazione temporanea di materiale
strettamente personale dei soggetti che hanno curato l’attività svolta, a i soli
fi ni dell’eventuale dimostrazione della liceità e correttezza del proprio operato.
Se è stato contestato il trattamento il difensore o il soggetto che ha conferito
l’incarico possono anche fornire all’investigatore il materiale necessario per
dimostrare la liceità e correttezza del proprio operato, per il tempo a ciò
strettamente necessario.
3. La sola pendenza del procedimento al quale l’investigazione è collegata,
ovvero il passaggio ad altre fasi di giudizio in attesa della formazione del
giudicato, non costituiscono, di per se stessi, una giustifi cazione valida per la
conservazione dei dati da parte dell’investigatore privato.
Art. 11. Informativa
1. L’investigatore privato può fornire l’informativa in un unico contesto ai sensi
dell’articolo 3 del presente codice, ponendo in particolare evidenza l‘identità
e la qualità professionale dell’investigatore, nonché la natura facoltativa del
conferimento dei dati.
Capo V - Disposizioni fi nali
Art. 12. Monitoraggio dell’attuazione del codice
1. Ai sensi della art. 135 del Codice, i soggetti che sottoscrivono il presente
codice avviano forme di collaborazione per verifi care periodicamente la sua
attuazione anche ai fi ni di un eventuale adeguamento alla luce del progresso
tecnologico, dell’esperienza acquisita o di novità normative.
Art. 13. Entrata in vigore
1. Il presente codice si applica a decorrere dal 1° gennaio 2009.


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