consulenza on line


Vai ai contenuti

Locazioni e Condominio

Giurisprudenza e news

Condominio - nullità delibere assembleari
Cassazione - Seconda Sezione Civile - sentenza n. 6714 del 19 marzo 2010
“In materia di delibere condominiali sono affette da nullità - che anche il condominio il quale abbia espresso il voto favorevole può fare valere - quelle con cui a maggioranza sono stabiliti o modificati i criteri di ripartizione delle spese comuni in difformità da quanto previsto dall’art. 1123 c.c. o dal regolamento condominiale contrattuale, essendo necessario, a pena di radicale nullità, il consenso unanime dei condomini, mentre sono annullabili e, come tali, suscettibili di essere impugnate nel termine di decadenza, di trenta giorni di cui all’art. 1137 c.c., u.c., le delibere con cui l’assemblea, nell’esercizio delle attribuzioni previste dall’art. 1135 c.c., n. 2 e 3, determina in concreto la ripartizione delle spese medesime in difformità dei criteri di cui al citato art. 1123 c.c.”

Condominio - notificazioni
Con la sentenza n. 2999 dell'11 febbraio 2010 della Sezione Seconda Civile, la Corte di Cassazione ha riaffermato importanti principi in materia di notifica di atti indirizzati al condominio, di delibere assembleari, di interesse ad impugnare.
I principi di diritto: 1) Il condominio di edifici, che non è una persona giuridica, ma un ente di gestione e non ha, pertanto, una sede in senso tecnico, ove non abbia designato, nell'ambito dell'edificio, un luogo espressamente destinato e di fatto utilizzato per l'organizzazione e lo svolgimento della gestione condominiale, ha il domicilio coincidente con quello privato dell'amministratore che lo rappresenta.
2) La notifica all'amministratore personalmente, ovunque si trovi, degli atti indirizzati al condominio è valida, mentre in mancanza dello stesso, deve avvenire a mani delle persone e nei luoghi indicati dall'art. 139 cod. proc. civ., si che, se effettuata a persona diversa dall'amministratore e nello stabile condominiale, devono esservi locali destinati all'organizzazione e allo svolgimento e della gestione delle cose e dei servizi comuni, come ad esempio la portineria, per la configurabilità dell'ufficio dell'amministratore (V. Cass., sent. n. 6906 del 2001, cit.).

Corte di Cassazione - sinistro stradale ed infortunio del lavoratore dipendente - responsabilità del terzo verso il datore di lavoro.

Gli esborsi a titolo di retribuzione, effettuati dal datore di lavoro, in adempimento di un dovere fissato dalla legge o dal contratto, in favore del dipendente per il periodo di inabilità temporanea conseguente ad infortunio, e, quindi, senza ricevere il corrispettivo costituito dalle prestazioni lavorative, integrano un danno che si ricollega con nesso di causalità a detto infortunio e come tale deve essere risarcito dal terzo responsabile del fatto medesimo. (cfr. , ex plurimis, Cass. n. 531/87, preceduta e seguita da giurisprudenza costante).
Costituiscono componente di tale danno anche i contributi dovuti dal datore di lavoro agli enti di assicurazione sociale (Cass., sez. un. , n 6132/88 e Cass n. 5373/89).
Il datore di lavoro agisce dunque per il risarcimento di un danno direttamente subito per fatto illecito del terzo. Ne consegue che se, come nel caso in scrutinio, il danno sia stato prodotto "dalla circolazione di veicoli di ogni specie, il diritto si prescrive in due anni" (art. 2947, comma 2, cod. civ. ).


Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 10 dicembre 2009 n. 25820
Rumori molesti provenienti dai vicini - risarcimento del danno derivante da immissione da rumore - anche se eccedono la normale tollerabilità, non sempre garantiscono alla vittima il diritto al risarcimento del danno

Nelle ipotesi di danno "in re ipsa" - in cui la presunzione si riferisce solo all'"an debeatur" (che presuppone soltanto l'accertamento di un fatto potenzialmente dannoso in base ad una valutazione anche di probabilità o di verosimiglianza secondo l'"id quod plerumque accidit") e non alla effettiva sussistenza del danno e alla sua entità materiale - permane la necessità della prova di un concreto pregiudizio economico ai fini della determinazione quantitativa e della liquidazione del danno per equivalente pecuniario (Cass. 12 giugno 2008 n. 15814).
In termini più generali può affermarsi che il danno non patrimoniale, costituendo pur sempre un danno- conseguenza e non già un danno-evento, deve essere specificamente allegato e provato ai fini risarcitori, non potendo mai essere considerato "in re ipsa".
Ai fini del risarcimento del danno derivato da immissione da rumore, non è sufficiente la mera lesività potenziale del fatto e che il danno deve essere escluso anche nel caso di attività rumorosa eccedente il limite della normale tollerabilità, ove manchi come nel caso di specie - la prova che essa abbia comportato una effettiva lesione della salute del molestato.

Corte di Cassazione, S.U., sentenza n. 26629/09
Comunione Condominio - Spese Condominiali - oneri illegittimamente ripartiti in base a tabelle millesimali mai approvate
Il giudice dell'opposizione a decreto ingiuntivo emesso per la riscossione di contributi condominiali deve infatti limitarsi a verificare l'esistenza e la permanente efficacia delle relative deliberazioni assembleari, senza poter esercitare in via incidentale, sulla loro validita', quel sindacato che e' riservato invece al giudice davanti al quale esse siano state impugnate (Cass. s.u. 27 febbraio 2007 n. 4421). Pertanto, come correttamente ha osservato il Tribunale, per far valere la nullita' delle tabelle millesimali in questione il ricorrente avrebbe dovuto agire nei confronti di tutti gli altri condomini, poiche' si verteva, proprio alla stregua del suo assunto, circa la validita' di un atto avente natura negoziale e incidente sui diritti dei singoli, dei quali sarebbe stata quindi necessaria la partecipazione al giudizio (cfr. Cass. 20 agosto 2002 n. 12259). Nessuno di loro invece e' stato citato, sicche' neppure si puo' aderire alla subordinata tesi dei ricorrenti, secondo cui la causa avrebbe dovuto essere rimessa al primo giudice, ai sensi dell'articolo 354 c.p.c., per l'integrazione del contraddittorio: provvedimento che presuppone che almeno uno dei litisconsorti necessari, diversamente che nella specie, sia stato convenuto in giudizio ab initio.

COMUNIONE E CONDOMINIO
Corte di Cassazione, sentenza n. 18192 del 10 agosto 2009
Nullità della delibera assembleare
"Deve considerarsi nulla, e non già semplicemente annullabile, la delibera dell'assemblea di condominio che ratifichi una spesa assolutamente priva di inerenza alla gestione condominiale, non rilevando in senso contrario che l'importo della stessa sia modesto in rapporto all'elevato numero dei condomini e alla entità complessiva del rendiconto."
La Suprema Corte di Cassazione stabilisce alcuni punti fermi in tema di impugnabilità di delibere condominiali. In primo luogo, i giudici di legittimità hanno affermato il principio di diritto, in base al quale deve considerarsi nulla, e non semplicemente annullabile, la delibera dell'assemblea di condominio che ratifichi ed approvi una spesa del tutto estranea alla gestione condominiale, come, nel caso di specie, gli esborsi relativi ad un'utenza telefonica privata dell'amministratore ovvero all'acquisto in proprio di una licenza software da parte dello stesso. Tale principio, che stabilisce l'impugnabilità in ogni tempo di una simile delibera assembleare, al di là del termine di decadenza di cui all'art. 1137 c.c., opera peraltro indipendentemente dall'eventuale modesto importo della spesa oggetto di contestazione, anche in relazione al complessivo numero dei condomini ed all'entità del bilancio consuntivo di cui si vada a discutere nell'ambito della medesima assemblea. Sotto un diverso profilo, con la medesima pronuncia i giudici della Cassazione hanno altresì riconosciuto la validità di ogni delibera condominiale, che, pur non indicando espressamente l'elenco dei condomini che abbiano approvato la delibera stessa, riporti in maniera sufficiente i nominativi di tutti i condomini presenti alla riunione, personalmente o a mezzo delega, nonchè dei condomini astenutisi o che abbiano manifestato voto contrario e delle rispettive quote millesimali, ritenendo che le suddette indicazioni consentano in ogni caso la verifica del raggiungimento dei quorum costitutivi e deliberativi richiesti dall'art. 1136 c.c.
Si osserva infatti che, nelle maggioranze richieste ai fini della validità dell'approvazione delle deliberazioni, nonchè della costituzione stessa dell'assemblea, debbono essere computati, oltre all'elemento personale (il numero dei partecipanti al condominio), quello reale (la quota proporzionale dell'edificio espressa in millesimi); e che la legittimazione ad impugnare la delibera è riservata ai condomini dissenzienti o assenti. Peraltro i giudici di legittimità colgono l'occasione di precisare che l'identificazione dei condomini assenzienti e dissenzienti rileva anche ad altri effetti. In particolare, i condomini debbono essere posti in grado di valutare l'esistenza di un eventuale conflitto di interessi, possibile solo previa individuazione dei soggetti che abbiano manifestato il voto. Sulla scorta di tali premesse, la sentenza in commento ha richiamato il costante orientamento interpretativo della Suprema Corte, che ritiene illegittima, tra l'altro, quella delibera che ometta di riprodurre nel verbale l'indicazione nominativa dei singoli condomini favorevoli e contrari e le loro quote di partecipazione al condominio, limitandosi a prendere atto del risultato della votazione, mediante l'espressione "l'assemblea, a maggioranza, ha deliberato" o altra locuzione analoga (cfr. Cass., sez. II, 19 ottobre 1998, n. 10329; Cass., sez. II, 29 gennaio 1999, n. 810), nonchè la delibera il cui verbale contenga omissioni relative alla individuazione dei singoli condomini assenzienti, dissenzienti, assenti o al valore delle rispettive quote (in tal senso Cass., Sez. Un., 7 marzo 2005, n. 4806).

COMUNIONE E CONDOMINIO
La vendita prima della delibera salva il condomino da nuove spese:
Corte di cassazione - Sezione II civile - Sentenza 9 novembre 2009 n. 23686
Il condomino che ha venduto il proprio immobile non può essere chiamato a rispondere delle nuove spese deliberate dall'assemblea dopo la stipula ma prima della trascrizione dell'atto di vendita. Lo ha chiarito la Cassazione con la sentenza 23686/2009 che ha accolto il ricorso di un signore al quale il condominio nel quale aveva abitato fino a poco tempo prima aveva chiesto il pagamento di una rata scaduta. L'uomo si è opposto al decreto ingiuntivo sostenendo di aver venduto l'appartamento prima della delibera e, quindi, di non essere legittimato a stare in giudizio. Il giudice di pace non è stato dello stesso avviso affermando che l'atto era stato trascritto in data posteriore alla delibera e che, nella comunicazione al condominio, il venditore non aveva indicato gli estremi del rogito e il nome dell'acquirente. In questa circostanza, pertanto, bene aveva fatto il condominio a rivolgersi a lui. La Cassazione ha però disatteso questa conclusione affermando, al contrario, che una volta perfezionatosi il trasferimento della proprietà dell'immobile, l'alienante perde subito la qualità di condomino e l'obbligo di pagare le rate, senza dover attendere la trascrizione dell'atto.


COMUNIONE E CONDOMINIO
Corte di Cassazione Sezione 2 Civile - Sentenza del 9 settembre 2008, n. 23345
Comunione dei diritti reali - Condominio negli edifici - Contributi e spese condominiali - In genere - Vendita dell'immobile facente parte dell'edificio condominiale - Emissione del decreto ingiuntivo ai sensi dell'articolo 63 disp. att. cod. proc. civ. nei confronti del venditore - Esclusione - Motivazione.
In tema di condominio, una volta perfezionatosi il trasferimento della proprietà di un'unità immobiliare, l'alienante perde la qualità di condomino e non è più legittimato a partecipare alle assemblee, potendo far valere le proprie ragioni sul pagamento dei contributi dell'anno in corso o del precedente, solo attraverso l'acquirente che gli è subentrato. Ne consegue che non può essere chiesto ed emesso nei suoi confronti decreto ingiuntivo ai sensi dell'articolo 63 disp. att. cod. proc. civ. per la riscossione dei contributi condominiali, atteso che la predetta norma di legge può trovare applicazione soltanto nei confronti di coloro che siano condomini al momento della proposizione del ricorso monitorio.


COMUNIONE E CONDOMINIO
Condominio negli edifici - Alienazione di piano o porzione di esso - Legittimazione dell'acquirente a partecipare alle assemblee - Rapporti tra venditore e acquirente - Gestione d'affari - Conseguenze.

In tema di condominio di edificio, in caso di alienazione di un piano o di una porzione di piano, dal momento in cui il trasferimento viene reso noto al condominio, lo status di condomino appartiene all'acquirente, e pertanto soltanto quest'ultimo è legittimato a partecipare alle assemblee e a impugnare le deliberazioni, mentre il venditore, che non è più legittimato a partecipare direttamente alle assemblee, può far valere le sue ragioni connesse al pagamento dei contributi attraverso l'acquirente che gli è subentrato, e per il quale, anche in relazione al vincolo di solidarietà, si configura una gestione di affari non rappresentativa che importa obbligazioni analoghe a quelle derivanti da un mandato, e fra queste quella di partecipare alle assemblee condominiali e far valere in merito anche le ragioni del suo dante causa. Ne consegue che se il condomino alienante non è legittimato a partecipare alle assemblee e a impugnare le delibere condominiali, nei suoi confronti non può essere chiesto ed emesso il decreto ingiuntivo per la riscossione dei contributi, atteso che soltanto nei confronti di colui che rivesta la qualità di condomino può trovare applicazione l'articolo 63, comma 1° delle disposizioni di attuazione del codice civile.

COMUNIONE E CONDOMINIO
Corte di Cassazione Sezione 2 Civile - Sentenza del 18 aprile 2003, n. 6323
Comunione e condominio - Condominio negli edifici - Spese necessarie per la conservazione della cosa comune - Obbligo di contribuzione - Insorgenza - Trasferimento della proprietà esclusiva - Soggetto obbligato.
L'obbligo del condomino di contribuire alle spese necessarie alla conservazione delle parti comuni dell'edificio sorge per effetto dell'esecuzione dei lavori di restauro (nell'applicare tale principio la Corte ha confermato la sentenza di merito che aveva condannato un condomino, che aveva alienato il suo appartamento, a contribuire ad un intervento di restauro anteriore alla vendita, reputando irrilevante la circostanza che le delibere assembleari di approvazione della spesa sostenuta e di ripartizione della stessa fossero intervenute successivamente alla vendita).

COMUNIONE E CONDOMINIO
Condominio: da ripartire in base all’uso le spese per luci e pulizia delle scale
Corte di cassazione - Sezione II civile - Sentenza 17 novembre 2006-12 gennaio 2007 n. 432 Comunione e condominio - Condominio negli edifici - Spese - Pulizia e illuminazione delle scale condominiali - Ripartizione - Criterio - In proporzione all’altezza di ciascun piano dal suolo - Millesimi di proprietà, destinazione dell’immobile, irrilevanza
.
Per la ripartizione delle spese per la pulizia e la illuminazione delle scale di un edificio in condominio deve trovare applicazione la regola posta dall’articolo 1123, comma 2, del Cc, secondo cui se si tratta di cose destinate a servire i condomini in misura diversa le spese sono ripartite in proporzione dell’uso che ciascuno può farne. Deve farsi riferimento, pertanto, per la ripartizione delle spese in questione, in via analogica, alla regola posta dall’articolo 1124, comma 1, del Cc. Di tale precetto, peraltro, può applicarsi, con riguardo alle pulizia e illuminazione delle scale, solo la sua seconda parte - che prevede la ripartizione del relativo onere in misura proporzionale all’altezza di ciascun piano dal suolo - mentre è inapplicabile la prima (che prevede che metà delle spese sia ripartita in ragione del valore dei singoli piani o porzioni di piani). Trattasi, infatti, di previsione eccezionale, in deroga al principio posto dall’articolo 1123, comma 2, e, pertanto, non applicabile fuori dai casi espressamente previsti. Ai fini della ripartizione delle spese in questione, inoltre, è precluso all’assemblea il potere di ripartire le stesse sulla base di criteri che tengano conto della utilizzazione in concreto delle scale stesse in relazione all’uso cui sono destinate le varie unità immobiliari, facendo difetto al riguardo qualsiasi fondamento normativo e dovendosi escludere che sia necessario procedere alla revisione delle tabelle millesimali ogni volta che muti la destinazione delle singole unità immobiliari o la consistenza dei nuclei familiari che utilizzano le unità immobiliari a destinazione abitativa. È irrilevante, pertanto, ai fini delle ripartizione delle spese in questione, che i primi quattro piani - dei cinque di cui è composto l’edificio - siano adibiti, a differenza dell’ultimo, utilizzato per abitazione, ad albergo.

COMUNIONE E CONDOMINIO
La proprietà condominiale o privata di un bene dipende dalla natura del suolo su cui sorge
Corte di cassazione - Sezione II civile - Sentenza 10 dicembre 2007-14 marzo 2008 n. 7043
MASSIMA Comunione e condominio - Sopraelevazione di mura perimetrali con realizzazione di manufatti in parte di accesso al lastrico solare e in parte di accesso a terrazza - Riparto delle spese dei lavori di restauro tra i condomini - Deliberazione dell'assemblea che pone le spese a carico dei condomini in relazione al valore dei millesimi dell'edificio - Illegittimità - Esclusione - Individuazione delle cose comuni dell'edificio - Criterio della valutazione della destinazione delle opere realizzate - È invocabile in caso di mancanza di un titolo contrattuale o regolamentare contrario - Applicabilità del principio dell'accessione - Sussiste.
Per stabilire l'appartenenza, in proprietà comune o esclusiva di un condomino, di un manufatto, occorre verificare la natura condominiale o meno del suolo su cui esso sorge, salvo l'esistenza di un titolo contrario e tenuto conto sempre della destinazione delle opere effettuate.

COMUNIONE E CONDOMINIO
Delibere condominiali: se il proprietario muore l’amministratore non deve ricercare gli eredi
Corte di cassazione - Sezione II civile - Sentenza 15 febbraio-22 marzo 2007 n. 6926
MASSIMA Comunione e condominio - Impugnazione della delibera assembleare - Condomino deceduto - Amministratore - Ricerca degli eredi - Necessità - Esclusione.
L’amministratore che è a conoscenza del decesso di un condomino, fino a quando gli eredi non gli manifestano la loro qualità, non avendo elementi utili di riferimento e non essendo obbligato a fare alcuna particolare ricerca, non è tenuto a inviare alcun avviso di convocazione.

COMUNIONE E CONDOMINIO
Condominio: sui lavori di ristrutturazione cade l'obbligo della solidarietà passiva
Corte di cassazione - Sezioni Unite civili - Sentenza 4 marzo-8 aprile 2008 n. 9148
MASSIMA Comunione e condominio - Condominio negli edifici - Esecuzione di lavori di manutenzione all'interno del complesso condominiale - Ingiunzione di pagamento a carico di uno solo o più condomini - Legittimità - Esclusione - Natura dell'obbligazione di pagamento - È parziaria se la legge non dispone diversamente - Diritto del creditore di esigere il pagamento solidale da uno o più condomini - Insussistenza - Dovere del creditore di rivolgere la richiesta di adempimento dell'obbligazione a ciascun condomino in relazione alle singole quote di spettanza del debito - Sussistenza.
In tema di condominio degli edifici, deve escludersi che le obbligazioni contratte nell'interesse del condominio a cagione dell'effettuazione di lavori di ristrutturazione, di rifacimento o di manutenzione dell'edificio abbiano carattere solidale. Esse, infatti, salvo che la legge disponga diversamente, sono obbligazioni connotate da parziarietà. Ne deriva che illegittimamente il creditore rivolge la richiesta di adempimento a uno solo dei condomini o a più condomini. La domanda di pagamento, sul punto, deve essere rivolta a tutti i condomini, in proporzione alla singola quota debitoria di spettanza. Per accertare la consistenza di tale quota, il creditore ha l'onere di controllare le tabelle millesimali del condominio.

COMUNIONE E CONDOMINIO
MASSIMA - Condominio - Condominio in genere - Presupposti - Identificazione - Presunzione legale di condominialità - Conseguenze - Superamento della presunzione - Onere della prova - Contenuto.
Corte di Cassazione - Sezione II, - sentenza 18 settembre 2009 n. 20249 -
Il condominio esiste per la sola presenza di un edificio in cui vi sia una separazione della proprietà per piani orizzontali, indipendentemente dall'approvazione di un regolamento e dalla validità del medesimo. Contemporaneamente, la presunzione legale di condominialità stabilita per i beni elencati nell'articolo 1117 del Cc - la cui elencazione non è tassativa - deriva sia dall'attitudine oggettiva del bene al godimento comune sia dalla concreta destinazione del medesimo al servizio comune. Deriva, da quanto precede, pertanto, che chi voglia vincere tale presunzione ha l'onere di fornire la prova della proprietà esclusiva, non potendo essere determinanti, a questo proposito, né le risultanze dell'eventuale regolamento di condominio, né l'eventuale inclusione del bene nelle tabelle millesimali, come proprietà esclusiva del singolo condomino.

LOCAZIONI
Se il cessionario non paga l’affitto responsabilità solidale di tutti i cedenti
Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 9 febbraio-20 aprile 2007 n. 9486 MASSIMA Locazioni - A uso commerciale - Canone - Fideiussione - Cessioni plurime di contratto locazione - Mancata liberazione dei cedenti - Beneficium ordinis e responsabilità sussidiaria rispetto all’ultimo cessionario - Corresponsabilità solidale dei cedenti successivi e dell’attuale conduttore. (Legge 392/1978, articolo 36)

In caso di locazione di immobile commerciale e successive cessioni plurime del contratto di locazione, l’ultimo cessionario è obbligato in via principale e gli altri cedenti, in mancanza di liberazione, da parte del locatore in via sussidiaria per il principio del beneficium ordinis; tuttavia, una volta accertato l’inadempimento dell’ultimo cessionario conduttore, i vari cedenti rimangono tutti coobbligati in solido per il canone di locazione.












Home Page | Chi siamo | Professionisti | Contatti | Aree di attività | Giurisprudenza e news | Consulenze on line | Informativa Privacy | Legislazione Forense | Archivio news | Mappa del sito


Torna ai contenuti | Torna al menu