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Responsabilità civile e contratti

Giurisprudenza e news

Responsabilità civile automobilistica - valore del modulo CID
Cassazione civile , sez. III, sentenza 31.03.2010 n° 7781
Quando il modulo sia firmato congiuntamente da entrambi i conducenti coinvolti nel sinistro si presume, salvo prova contraria da parte dell’assicuratore, che il sinistro si sia verificato nelle circostanze, con le modalità e con le conseguenze risultanti dal modulo stesso.

Responsabilità per danni da cose in custodia
Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 13 maggio 2010 n. 11592
Non ha diritto al risarcimento l'inquilino che cade per le scale del palazzo scivolando sull'acqua piovana infiltratasi da una finestra che tutti sapevano essere difettosa. In tal caso le scale bagnate rappresentano si un'insidia ma non un trabocchetto visto che la persona infortunata abitava da tanti anni nel palazzo ed era perfettamente al corrente dello stato di manutenzione della finestra.

Responsabilità contrattuale per vendita di immobile ipotecato
Cassazione - sezione III civile - sentenza n. 10072/10.
L'acquirente di un immobile che, al momento della cessione non sia informato dell'ipoteca gravante sul bene, ha diritto al risarcimento. Ai fini dell'accoglimento della domanda, la rilevante probabilità di conseguenze pregiudizievoli si configura, infatti, come danno futuro immediatamente indennizzabile.
A precisarlo la sezione III civile della Cassazione con la sentenza n. 10072/10.
Il danno futuro rispetto al momento della decisione non può essere mai declinato in termini di assoluta certezza (riferibile, unicamente, al pregiudizio già completamente verificatosi al momento del giudizio), essendo sufficiente la fondata attendibilità che esso appaia come il naturale sviluppo di fatti concretamente accertati ed inequivocamente sintomatici di quella probabilità, secondo un criterio di normalità fondato sulle circostanze del caso concreto.
Così il danno subito dall'acquirente in buona fede (pari alla somma corrispondente a quella per la quale l'ipoteca risulti iscritta) può trovare causa efficiente sia nell'inadempimento contrattuale del notaio (contratto d'opera professionale), per non avere questi svolto gli accertamenti del caso, sia nei confronti del venditore (contratto di compravendita), per aver taciuto al compratore la presenza dell'iscrizione ipotecaria di cui aveva garantito l'assenza. Entrambi i soggetti saranno responsabili, solidalmente, nei confronti del terzo acquirente del risarcimento del danno futuro dallo stesso subito.

Responsabilità medica e risarcimento danni
Corte di Cassazione Sez. Terza - Sent. del 26.01.2010, n. 1538
In tema di responsabilità professionale da contratto o contatto sociale del medico, al fine del riparto dell’onere probatorio, il paziente danneggiato deve limitarsi a provare il contratto (o contatto sociale) e l’aggravamento della patologia o l’insorgenza di un’affezione ed allegare l’inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato;
le omissioni imputabili al medico nella redazione della cartella clinica rilevano sia come figura sintomatica di inesatto adempimento, per difetto di diligenza, in relazione alla previsione generale contenuta nell’art. 1176, secondo comma, cod. civ., sia come nesso eziologico presunto, posto che l’imperfetta compilazione della stessa non può, in via di principio, risolversi in danno di colui che vanti un diritto in relazione alla prestazione sanitaria.

Responsabilità civile automobilistica - rimborso dell'IVA e danno da fermo tecnico
(Cassazione civile, Sezione 3, n. 1688 del 27/1/2010)
Occorre, infatti, ribadire il consolidato principio giurisprudenziale, di ordine generale, in ragione del quale il risarcimento del danno da fatto illecito ha la funzione di porre il patrimonio del danneggiato nello stesso stato in cui si sarebbe trovato senza l'evento lesivo e, quindi, trova presupposto e limite nell'effettiva perdita subita da quel patrimonio in conseguenza del fatto stesso, indipendentemente dagli esborsi materialmente effettuati (tra le varie, cfr. Cass. 5 luglio 2002, n. 9740).

Più in particolare ed in applicazione di questo stesso principio, è stato affermato che, poiché il risarcimento dal danno si estende agli oneri accessori e conseguenziali, se esso è liquidato in base alla spesa da affrontare per riparare un veicolo, il risarcimento comprende anche l'IVA, pur se la riparazione non è ancora avvenuta - e a meno che il danneggiato, per l'attività svolta, abbia diritto al rimborso o alla detrazione dell'IVA versata - perché l'autoriparatore, per legge (art. 18 del D.P.R. 26 ottobre 1972 n. 633), deve addebitarla, a titolo di rivalsa, al committente (Cass. 14 ottobre 1997, n. 10023).

Con riferimento poi al cosiddetto danno da fermo tecnico subito dal proprietario dell'autovettura danneggiata a causa della impossibilità di utilizzarla durante il tempo necessario alla sua riparazione, è stato affermato che è possibile la liquidazione equitativa di detto danno anche in assenza di prova specifica in ordine al medesimo, rilevando a tal fine la sola circostanza che il danneggiato sia stato privato del veicolo per un certo tempo, anche a prescindere dall'uso effettivo a cui esso era destinato. L'autoveicolo è, difatti, anche durante la sosta forzata, fonte di spesa (tassa di circolazione, premio di assicurazione) comunque sopportata dal proprietario, ed è altresì soggetta a un naturale deprezzamento di valore, del veicolo (Cass. 9 novembre 2006, n. 23916).

Responsabilità civile - Insidie stradali.

Corte di Cassazione - sentenza n. 24529/2009.
"La responsabilità da cosa in custodia presuppone che il soggetto al quale la si imputa sia in grado di esplicare riguardo alla cosa stessa un potere di sorveglianza, di modificarne lo stato e di escludere che altri vi apportino modifiche". In particolare che:
a) per le strade aperte al traffico l'ente proprietario si trova in questa situazione una volta accertato che il fatto dannoso si è verificato a causa di una anomalia della strada stessa (e l'onere probatorio di tale dimostrazione grava, palesemente, sul danneggiato);
b) che è comunque configurabile la responsabilità dell'ente pubblico custode, salvo che quest'ultimo non dimostri di non avere potuto far nulla per evitare il danno;
c) che l'ente proprietario non può far nulla quando la situazione che provoca il danno si determina non come conseguenza di un precedente difetto di diligenza nella sorveglianza della strada ma in maniera improvvisa, atteso che solo quest'ultima (al pari della eventuale colpa esclusiva dello stesso danneggiato in ordine al verificarsi del fatto) integra il caso fortuito previsto dall'art. 2051 c.c., quale scriminante della responsabilità del custode".
In sostanza, conclude la Corte, "agli enti pubblici proprietari di strade aperte al pubblico transito è in linea generale applicabile l'art. 2051 c.c., in riferimento alle situazioni di pericolo immanentemente connesse alla struttura o alle pertinenze della strada, indipendentemente dalla sua estensione"
"La P.A. per escludere la responsabilità che su di essa fa capo a norma dell'art. 2051 c.c., deve infatti provare che il danno si e verificato per caso fortuito, non ravvisabile come conseguenza della mancata prova da parte del danneggiato dell'esistenza dell'insidia". Chi è stato vittima dell'incidente, infatti, "non deve provare quest'ultima, così come non ha l'onere di provare la condotta commissiva od omissiva del custode, essendo sufficiente che provi l'evento danno ed il nesso di causalità con la cosa".

Responsabilità civile - perdita della capacità di guadagno - risarcimento del lucro cessante
Cassazione - Sezione terza - sentenza 1 ottobre 2009, n. 21062
Secondo la giurisprudenza di questa Corte infatti l'invalidità permanente (totale o parziale), mentre di per sé concorre a dar luogo a danno biologico, non comporta necessariamente anche un danno patrimoniale, a tal fine occorrendo che il giudice, oltre ad accertare in quale misura la menomazione fisica abbia inciso sulla capacità di svolgimento dell'attività lavorativa specifica e questa, a sua volta, sulla capacità di guadagno, accerti se ed in quale misura in tale soggetto persista o residui, dopo e nonostante l'infortunio subito, una capacità ad attendere ad altri lavori, confacente alle sue attitudini e condizioni personali ed ambientali, ed altrimenti idonei alla produzione di altre fonti di reddito, in luogo di quelle perse o ridotte. Solo se dall'esame di detti elementi risulti una riduzione della capacità di guadagno e del reddito effettivamente percepito, questo è risarcibile sotto il profilo del lucro cessante. La relativa prova incombe al danneggiato e può essere anche presuntiva, purché sia certa la riduzione della capacità di lavoro specifica (Cass., 23 gennaio 2006, n. 1230; Cass., 20.10. 2005, n. 20321).

Responsabilità civile - insidia stradale
Corte di Cassazione - III^ sezione - Sentenza numero 22604/09
Secondo la Corte di Cassazione, non serve invocare l’ottima visibilità della strada per evitare una situazione di pericolo, occorre invece che in qualsiasi condizione chi effettua lavori stradali apponga il cartello di pericolo, atteso che chi impegna la carreggiata presume che in assenza di cartelli tutto sia in ordine e che non deve aspettarsi un’insidia del manto che gli causi un sinistro. Insomma, secondo gli Ermellini, l’utente della strada ” si aspetta che, in assenza di segnali, il manto asfaltato sia regolare, mentre un dislivello anche di soli dieci centimetri può essere molto pericoloso per la ruota di una moto. E per i danni che derivano dalla manutenzione delle strade, specie in città, scatta la responsabilità da custodia secondo l’articolo 2051 del codice civile anche per i lavori eseguiti male”.

Contratti
Corte di Cassazione Sezione 3 Civile - Sentenza del 23 gennaio 2009, n. 1701
Vendita - Obbligazioni del venditore - Consegna della cosa - Cosa diversa dalla pattuita ("aliud pro alio") - In genere - Vendita di immobile privo di licenza di abitabilità - Conseguenze - Inadempimento del venditore - Configurabilità - Effetti - Esperibilità dell'azione di risoluzione, della domanda risarcitoria o formulabilità dell'eccezione di inadempimento - Sussistenza - Allegazione della presentazione di istanza di condono - Rilevanza - Esclusione.
Il venditore di un immobile destinato ad abitazione ha l'obbligo di consegnare all'acquirente il certificato di abitabilità, senza il quale l'immobile stesso è incommerciabile. La violazione di tale obbligo può legittimare sia la domanda di risoluzione del contratto, sia quella di risarcimento del danno, sia l'eccezione di inadempimento, e non è sanata dalla mera circostanza che il venditore, al momento della stipula, avesse già presentato una domanda di condono per sanare l'irregolarità amministrativa dell'immobile.

Responsabilità civile automobilistica; condizione di proponibilità della domanda riconvezionale
Corte di Cassazione, III^ sez., sentenza n. 22597 del 26.10.2009
Secondo la Cassazione, chi sia stato convenuto in giudizio per il risarcimento dei danni derivanti dalla circolazione stradale nell'amkbito della rca obbligatoria, non può proporre domanda di risarcimento danni in via riconvenzionale, se non ha preventivamente messo in mora la compagnia di assicurazione della controparte e non sia decorso il termine dilatorio previsto dall’art. 145 Cod. Ass..
La domanda riconvenzionale, in particolare, non potrà essere esercitata neppure nei confronti del proprietario e conducente sulla base delle regole ordinarie stabilite dall’art. 2054 c.c.,
Ecco i principi sanciti in sentenza:
"La condizione di proponibilità della domanda (…) opera sia nel caso di azione diretta (…) che nella ipotesi di azione di responsabilità aquiliana, a norma dell'articolo 2054 cod. civ..
Infatti detta condizione di proponibilità è posta dalla legge senza distinzione fra le persone contro cui l'azione venga proposta, cumulativamente o singolarmente.
Deve, in linea di principio, essere dichiarata improponibile anche la domanda formulata ai sensi dell'articolo 2054 cod. civ. contro il proprietario ed il conducente del veicolo, qualora non sia stata promossa oltre il termine di sessanta giorni dalla richiesta di risarcimento all'assicuratore r.c.a.”

Avvocato responsabile verso il cliente se non si attiva per l’appello
Cass. civ., Sez. III, 20 novembre 2009, n. 24544
Nelle prestazioni rese nell’esercizio di attività professionali al professionista è richiesta la diligenza corrispondente alla natura dell’attività esercitata (1176, 2° comma, c.c.) vale a dire è richiesta una diligenza qualificata dalla perizia e dall’impiego di strumenti tecnici adeguati al tipo di prestazione dovuta. La valutazione dell’esattezza delle prestazioni da parte del professionista, naturalmente, varia secondo il tipo di professione. Per gli avvocati, la responsabilità professionale deriva dall’obbligo ( 1176, 2° comma e 2236 cod. civ.) di assolvere, sia all’atto del conferimento del mandato che nel corso dello svolgimento del rapporto (anche) ai doveri di sollecitazione, dissuasione ed informazione del cliente ai quali sono tenuti a rappresentare tutte le questioni di fatto e di diritto, comunque insorgenti, ostative al raggiungimento del risultato, o comunque produttive del rischio di effetti dannosi; di chiedergli gli elementi necessari o utili in suo possesso; a sconsigliarlo dall’intraprendere o proseguire un giudizio dall’esito probabilmente sfavorevole.

Morti bianche: anche gli zii più stretti hanno diritto al risarcimento del danno morale
Corte di Cassazione - sentenza n. 24435 del 19 novembre 2009,
In tema di danno dovuto ai parenti della vittima, non è necessaria la prova specifica della sua sussistenza, ove sia esistito tra di essi un legame affettivo di particolare intensità, potendo a tal fine farsi ricorso anche a presunzione. La prova del danno morale è, infatti, correttamente desunta dalle indubbie sofferenze patite dai parenti, sulla base dello stretto vincolo familiare, di eventuale coabitazione e, comunque, di frequentazione, che essi avevano avuto, quando ancora la vittima era in vita.
In conseguenza della morte di persona causata da reato, ciascuno dei suoi familiari prossimi congiunti è titolare di un autonomo diritto per il conseguente risarcimento del danno morale, il quale deve essere liquidato in rapporto al pregiudizio da ognuno individualmente patito per effetto dell’evento lesivo, in modo da rendere la somma riconosciuta adeguata al particolare caso concreto, rimanendo, per converso, esclusa la possibilità per il giudice di procedere ad una determinazione complessiva ed unitaria del suddetto danno morale ed alla conseguente ripartizione dell’intero importo in modo automaticamente proporzionale tra tutti gli aventi diritto. Ai fini di tale valutazione, l’intensità del vincolo familiare può già di per sé costituire un utile elemento presuntivo su cui basare la ritenuta prova dell’esistenza del menzionato danno morale, in assenza di elementi contrari, e, inoltre, l’accertata mancanza di convivenza del soggetto danneggiato con il congiunto deceduto può rappresentare – come nella specie – un idoneo elemento indiziario da cui desumere un più ridotto danno morale, con derivante influenza di tale circostanza esclusivamente sulla liquidazione dello stesso.


Corte di Cassazione, Sez. II Civile - sentenza n.21881 14 ottobre 2009,
I genitori sono responsabili dei danni causati e comportamenti illeciti posti attuati dai figli minorenni
In caso di violazione amministrativa commessa da minore degli anni diciotto, incapace “ex lege”, di essa risponde in via diretta, a norma della L. n. 689 del 1981, art. 2, comma 2, applicabile anche agli illeciti amministrativi previsti dal codice della strada (art. 194 C.d.S.), colui che era tenuto alla sorveglianza dell'incapace, che, pertanto, non può essere considerato persona estranea alla violazione stessa. Ne consegue che, in caso di circolazione di minore alla guida di ciclomotore non rispondente alle prescrizioni indicate nel certificato di idoneità tecnica, ben può essere ordinata la confisca del ciclomotore di proprietà del genitore in relazione alla violazione dell'art. 97 C.d.S., comma 6 senza che sia applicabile, nella specie, l'art. 213 C.d.S., comma 6, dello stesso codice, che esclude detta misura qualora il veicolo appartenga a persona estranea alla violazione amministrativa.

Obbligazione del medico, obblighi di diligenza e consenso informato
Corte di Cassazione - Sezione III^ - Sentenza 7 maggio - 29 settembre 2009, n. 20806
Il consenso informato, espressione del diritto personalissimo, di rilevanza costituzionale, all'autodeterminazione terapeutica, è un obbligo contrattuale del medico perché è funzionale al corretto adempimento della prestazione professionale, pur essendo autonomo da esso.
Se la prestazione professionale è di routine spetta al professionista superare la presunzione che le complicanze sono state determinate da omessa o insufficiente diligenza professionale, o da imperizia, o da inesperienza o inabilità dimostrando che invece sono sorte a causa di un evento imprevisto ed imprevedibile secondo la diligenza qualificata in base alle conoscenze tecnico - scientifiche del momento.


Responsabilità del medico, nesso causale, onere probatorio
Cassazione civile , sez. III, sentenza 11.05.2009 n° 10743
Nel sistema civilistico il nesso di causalità (materiale) - la cui valutazione in sede civile è diversa da quella penale (ove vale il criterio dell'elevato grado di credibilità razionale che è prossimo alla "certezza") - consiste anche nella relazione probabilistica concreta tra comportamento ed evento dannoso, secondo il criterio (ispirato alla regola della normalità causale) del "più probabile che non" (Cass. 16 ottobre 2007 n. 21619, Cass. S.U. 11 gennaio 2008 n. 576, Cass. 17 gennaio 2008 n. 867).
Anche con riferimento alla individuazione del nesso di causalità fra la condotta omissiva del medico e l'evento dannoso, la giurisprudenza di questa Corte ha superato la concezione tradizionale, passando dal criterio della certezza degli effetti della condotta omessa a quello della probabilità di essi e dell'idoneità della condotta stessa ad evitarli, ove posta in essere.
Va rilevato che, ove le nozioni di patologia medica e di medicina legale non forniscano un grado di certezza assoluta, il ricorso al criterio della probabilità costituisce una necessità logica in quanto si tratta di accettare o rifiutare l'assunto secondo il quale il danno si è verificato a causa del fatto che non è stato tenuto il comportamento atteso.
In tema di responsabilità civile, dunque, il giudice del merito deve accertare separatamente dapprima la sussistenza del nesso causale tra la condotta illecita e l'evento di danno, e quindi valutare se quella condotta abbia avuto o meno natura colposa o dolosa (Cass. 26 giugno 2007 n. 14759).
In altre parole, solo dopo aver riscontrato l'esistenza di un nesso eziologico deve essere affrontato il tema della esistenza della colpa e dell'onere della prova.
Va anche in questa sede ribadito che è configurabile il nesso causale fra il comportamento omissivo del medico ed il pregiudizio subito dal paziente qualora attraverso un criterio necessariamente probabilistico si ritenga che l'opera del medico, se correttamente e prontamente prestata, avrebbe avuto serie ed apprezzabili possibilità di evitare il danno verificatosi (Cass. 4 marzo. 2004, n. 4400; Cass. 23 settembre 2004, n. 19133; Cass. 11 novembre 2005, n. 22894; Cass. 21 gennaio 2000, n. 632).

Responsabilità del presidio ospedaliero, nesso causale
Cassazione civile , sez. III, sentenza 11.05.2009 n° 10743
E' appena il caso di osservare che il rigetto della domanda di risarcimento nei confronti di un medico non è sufficiente ad escludere la responsabilità del presidio ospedaliero.
E' infatti pur sempre configurabile una responsabilità autonoma e diretta della struttura ospedaliera ove il danno subito dal paziente risulti causalmente riconducibile ad una inadempienza alle obbligazioni ad essa facenti carico, anche in vista di eventuali complicazioni od emergenze (Cass. 1 luglio 2002 n. 9556, 14 luglio 2004 n. 13066, v. anche Cass. 28 novembre 2007 n. 24759).
Una responsabilità dell'ospedale può configurarsi anche nella insufficienza delle apparecchiature a disposizione per affrontare la prevedibile emergenza, ovvero nel ritardo nel trasferimento del paziente in un centro ospedaliero attrezzato.

Il Comune risponde del danno al motociclista caduto per la presenza di gasolio sull'asfalto
Corte di cassazione - Sezione III civile - Sentenza 2 dicembre 2008-23 gennaio 2009 n. 1691 MASSIMA Responsabilità civile - Danno - Cagionato da cose in custodia - Demanio stradale comunale - Caduta in pozza di gasolio sull'asfalto - Responsabilità dell'ente comunale - Presunzione di cui all'articolo 2051 del Cc - Applicabilità - Sussiste - Contenuti e condizioni.

La presunzione di responsabilità salvo ricorso del caso fortuito per il danno cagionato dalle cose che si hanno in custodia stabilita dall'articolo 2051 del Cc è applicabile nei confronti dei comuni, quali proprietari delle strade, pur se tali beni siano oggetto di un uso generale e diretto da parte dei cittadini, qualora la loro estensione sia tale da consentire l'esercizio di un continuo ed efficace controllo che sia idoneo a impedire l'insorgenza di cause di pericolo per terzi, comportando la zonizzazione della manutenzione delle strade un maggiore grado di possibilità di sorveglianza e di controllo sui beni. Responsabilità civile - Danno - Cagionato da cose in custodia - Demanio stradale comunale - Caduta in pozza di gasolio sull'asfalto - Responsabilità dell'ente comunale - Applicabilità - Sussiste - Affidamento a terzi della manutenzione e pulizia delle strade - Irrilevanza. (Cc, articoli 2043 e 2051) La responsabilità presunta del comune quale proprietario del demanio stradale per danni a terzi non vieve a cessare per averne l'ente affidato la pulizia a terzi, costituendo l'appalto lo strumento tecnico-giuridico per la realizzazione di un proprio obbligo istituzionale a norma dell'articolo 14 del codice della strada

La manutenzione delle strade suddivisa per zone aumenta il grado di responsabilità dell'ente locale
Corte di Cassazione - Sezione III, sentenza 1° ottobre 2004 n. 19653
Il danneggiato che invochi la responsabilità di cui all'articolo 2051 del codice civile contro una pubblica amministrazione (o il gestore), in relazione a danno originatosi da bene demaniale o patrimoniale soggetto a uso generale e diretto della collettività, non è onerato della dimostrazione della verificazione del danno in conseguenza dell'esistenza di una situazione qualificabile come insidia o trabocchetto, dovendo esclusivamente provare - come avviene di regola per le ipotesi di responsabilità per i danni cagionati da una cosa in custodia - l'evento dannoso e l'esistenza del rapporto eziologico tra la cosa e l'evento suddetto.

La gestione delle competizioni sportive costituisce esercizio di attività pericolosa
Corte di Cassazione - Sezione III, sentenza 27 ottobre 2005 n. 20908
L'attività agonistica implica l'accettazione del rischio a essa inerente da parte di coloro che vi partecipano, intendendosi per tali non solo gli atleti in gara ma tutti quelli (come gli arbitri, i guardalinee, i guardaporte, i meccanici, i tecnici, gli assistenti ecc.) che sono posti al centro o ai limiti del campo di gara, per compiere una funzione indispensabile allo svolgimento della competizione, assicurandone il buon andamento, il rispetto delle regole, la correttezza dei comportamenti e la trasparenza dei risultati. Sicché, i danni da essi eventualmente sofferti a opera di un competitore, rientranti nell'alea normale, ricadono sugli stessi ed è sufficiente che gli organizzatori, al fine di sottrarsi a ogni responsabilità, abbiano predisposto le normali cautele idonee a contenere il rischio nei limiti confacenti alla specifica attività sportiva, nel rispetto di eventuali regolamenti sportivi. Il relativo accertamento è demandato alla valutazione del giudice del merito, che è insindacabile in sede di legittimità se congruamente e logicamente motivato.

Perdita del rapporto parentale e danno morale
Corte di Cassazione Sezione 3 Civile - Sentenza del 21 luglio 2009, n. 16914
Danno - Biologico e morale - Danno da perdita del rapporto parentale - Liquidazione autonoma - Esclusione.
Determina duplicazione di risarcimento la congiunta attribuzione del danno morale, nella sua rinnovata configurazione, e del danno da perdita del rapporto parentale, poiché la sofferenza patita nel momento in cui la perdita è percepita e quella che accompagna l'esistenza del soggetto che l'ha subita sono componenti del complesso pregiudizio, che va integralmente e unitariamente ristorato. Le voci richiamate possono costituire solo componenti del danno biologico nel suo aspetto dinamico, nel quale sono ormai assorbiti il cosiddetto danno alla vita di relazione e i pregiudizi di tipo esistenziale concernenti aspetti relazionali della vita, conseguenti a lesioni dell'integrità psicofisica.










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