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Diritto di Famiglia

Giurisprudenza e news

Maltrattamenti configurabili anche tra conviventi more uxorio
Cassazione penale, sez. II, sentenza 22.10.2009 n° 40727
Prosegue il cammino giurisprudenziale di equiparazione della convivenza more uxorio alla famiglia legittima fondata sul matrimonio ex art. 29 Costituzione.
In questo senso si è pronunciata la Cassazione che, con sentenza n. 40727 del 22 ottobre 2009, ha ritenuto integrato l’elemento oggettivo del reato ex art. 572 c.p. – maltrattamenti in famiglia - in relazione alla condotta aggressiva tenuta dal convivente nei confronti della compagna.
Afferma la Corte che la nozione di famiglia sottesa alla norma penale di cui all’art. 572 c.p. è da intendersi estensivamente, nel senso che il bene giuridico oggetto della tutela penale è comprensivo anche della c.d. “famiglia di fatto”.
Con la conseguenza che, ai fini della configurabilità del reato di maltrattamenti in famiglia, non assume alcun rilievo la circostanza che l'azione delittuosa sia commessa ai danni di una persona convivente "more uxorio", atteso che il richiamo contenuto nell'art. 572 cod. pen. alla "famiglia" deve intendersi riferito ad ogni consorzio di persone tra le quali, per strette relazioni e consuetudini di vita, siano sorti rapporti di assistenza e solidarietà per un apprezzabile periodo di tempo".

Figli naturale e figli legittimi
Corte di Cassazione - Sezione I^ civile - Sentenza 4 novembre 2009, n. 23411
L'art. 155 c.c., novellato fornisce alcune indicazioni sui presupposti e caratteri dell'assegno. Si introduce, come si diceva, il principio generale, già elaborato dalla giurisprudenza di questa Corte, per cui ciascun genitore provvede al mantenimento dei figli in misura proporzionale al proprio reddito, con l'ulteriore previsione che il giudice possa disporre, ove necessario la corresponsione di un assegno periodico, al fine di realizzare tale principio di "proporzionalità". E' da ritenere peraltro che la corresponsione di assegno si riveli quantomeno opportuna, se non necessaria, quando, come nella specie, l'affidamento condiviso preveda un collocamento prevalente presso uno dei genitori: assegno da porsi a carico del genitore non collocatario. Del resto il ricordato art. 155 c.c., fornisce indicazioni specifiche sulla determinazione dell'assegno, considerando, tra l'altro, "i tempi di permanenza presso ciascun genitore". Il genitore collocatario, essendo più ampio il tempo di permanenza presso di lui, avrà necessità di gestire, almeno in parte, il contributo al mantenimento da parte dell'altro genitore, dovendo provvedere in misura più ampia alle spese correnti e all'acquisto di beni durevoli che non attengono necessariamente alle spese straordinarie (indumenti, libri, ecc.).
Sussiste sicuramente un obbligo per entrambi i genitori che svolgono attività lavorativa produttiva di reddito di contribuire al soddisfacimento dei bisogni dei figli minori, in proporzione alle proprie disponibilità economiche. Tali sono le indicazioni degli artt. 147 e 148 c.c., in diretta applicazione dell'art. 30 Cost., e pure dell'art. 155 c.c., nell'attuale formulazione,
sicuramente applicabile, per quanto si è osservato, ai procedimenti relativi a minori, figli di genitori non uniti in matrimonio, ai sensi della L. n. 54 del 2006, art. 4.

Una carta privata vale come rinuncia alla casa dell’ex convivente
Cassazione Civile, II^ sezione - sentenza del 9 novembre 2009 n. 23691.
È valida la scrittura privata con la quale uno rinuncia alla proprietà della casa di fatto comprata insieme ma con i soli risparmi dell’altro.
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso del figlio (erede) di uomo che aveva comprato con la sua compagna una casa, intestandola a entrambi, ma di fatto pagandola da solo e lei, dopo averlo lasciato, gli aveva firmato una carta nella quale rinunciava alla proprietà dell’immobile.
Con tale rinuncia (“negozio di natura abdicativa”), “si è operato, ipso iure, in forza del principio di elasticità della proprietà, l’accrescimento della quota rinunciata in favore dell’ex compagno che, pertanto, data la proporzione delle rispettive quote, è divenuto proprietario dell’intero immobile, poi entrato a far parte della massa ereditaria”.






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